Corriere della Sera, 25 aprile 2018
Qualificazione aperta. Due squadre nate per farsi molti gol
In teoria è un pessimo risultato questo di Liverpool, ma nessuno si azzarderà a dirlo perché lascia comunque tutto nel solco aperto dal Barcellona. In realtà Roma e Liverpool sono fatte per segnarsi molti gol, hanno cattive difese e ancor meno pensiero difensivo. È ottimistico ma abbastanza vero che la qualificazione è ancora aperta. C’è comunque su tutto il peso di un giocatore diverso, Salah, molto vicino ormai al livello di Messi e Ronaldo per gioco, gol e personalità. Non è un caso che la qualificazione si sia riaperta nel quarto d’ora finale in cui Klopp ha mandato sotto gli applausi Salah togliendolo dal campo. È stata a lungo una Roma qualunque, sovrastata dalla forza fisica degli avversari, letteralmente spinta lontano dal pallone. Klopp non ha cominciato subito l’assalto, ha aspettato si spegnesse il primo palleggio della Roma, poi ha cominciato una pressione totale su chiunque. Ma è stata una prodezza di Salah fuori da qualunque schema a tagliare la partita. Per molto tempo è stata una lezione di calcio molto difficile da vedere. Klopp gioca solo in verticale e si disinteressa del possesso palla, cioè fa quello che non fa più nessuno. Spesso i centrocampisti della Roma sono apparsi in difficoltà quasi «culturale», disabituati alla mancanza di pensiero degli inglesi, a un avversario dedito solo all’azione. Quello che l’ha tenuta alla fine in partita è stata la convinzione del Liverpool di aver già passato il turno maturata a quindici-venti minuti dalla fine, tanto da far uscire Salah; più la qualità di avere uomini come Dzeko, a volte Perotti, Nainggolan, Kolarov, che prescindono dall’avversario e costruiscono da soli con cinque passaggi lo schema che serve. Non so che piega prenderà adesso l’attesa del ritorno. Klopp alla fine era preoccupato, la gente anche, i romanisti festeggiavano. Tutto per un 5-2. C’è qualcosa di esagerato che i pochi equilibri del calcio europeo giustificano. Si sono viste disfatte e rimonte dovunque, dal Barcellona al Real, dalla Juve al Salisburgo. Più che in un altro miracolo fossi la Roma punterei sulla disabitudine a difendersi del Liverpool, bravo a recuperare palla sulla corsa, fuori posto quando difende in area. Ma cercherei anche di pensare a come evitare la necessità di miracoli, a prendere meno gol e cominciare a reggere la partita fin all’andata. C’è nella Roma una differenza abissale tra quello che dà e quello che si porta via da sola. Prendere una volta tanti gol e segnarne tanti la volta dopo,se diventa una strada abituale, alla lunga fa solo mezza squadra.