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 2018  aprile 25 Mercoledì calendario

Se dal cielo piovono diamanti

Il 7 ottobre 2008 nel deserto del Sudan precipitò dal cielo uno scrigno ricco di diamanti.

Hanno uno spessore molto inferiore a quello di un capello, per vederli serve un microscopio. Si trovano chiusi in pochi chilogrammi di roccia nerastra che ha conservato, intatto, uno dei segreti del nostro Sistema solare. Il meteorite Almahata Sitta è testimone di una storia nata oltre quattro miliardi e mezzo di anni fa, proviene da un pianeta che non esiste più, quando ancora non c’era nemmeno la Terra, e il nostro angolo di Universo era molto diverso da quello che è ora. Dopo aver vagato tanto a lungo, dieci anni fa l’impatto con la Terra: un lampo e una lunghissima scia nel cielo sereno. Ma era un arrivo atteso, perché è stato il primo oggetto mai avvistato dall’uomo prima che si schiantasse sul nostro pianeta. Scoperto poche ore prima, ad assistere all’entrata nell’atmosfera c’erano i telescopi di tutto il mondo. A dicembre 2008 partì la caccia al tesoro: i ricercatori del Seti e dell’Università di Khartoum recuperarono centinaia di frammenti, 5 chili di roccia scura, al loro interno i diamanti custodi del segreto sulla formazione dei pianeti. Ricercatori svizzeri, francesi e tedeschi hanno interrogato quei diamanti e le impurità, le inclusioni, al loro interno, per farsi raccontare la provenienza. La risposta: si sono formati sotto una pressione enorme, dentro un embrione di pianeta grande come Mercurio o Marte, che ora non esiste più.
Riavvolgiamo il nastro. Siamo ai primordi di un Sistema solare molto affollato, la nostra stella si è ‘accesa’ da appena un centinaio di milioni di anni e attorno a lei vagano protopianeti incandescenti in rotta di collisione l’uno con l’altro. «Quattro miliardi e mezzo di anni fa era tutto molto diverso – spiega Luigi Folco, professore associato di Cosmochimica e Geologia planetaria all’Università di Pisa – come in un flipper questi oggetti si scontravano quando si trovavano su orbite simili. Alla fine sono rimasti solo i pianeti che conosciamo oggi, quelli che hanno ‘ripulito’ la propria orbita. È da uno di questi scontri tra una “prototerra” e un oggetto che abbiamo chiamato Theia, che si sono formate anche la Terra e la Luna».
Da una di queste collisioni è nato anche l’asteroide 2008 TC3. È rimasto a vagare nello spazio fino a che, spinto da una qualche perturbazione gravitazionale, ha cambiato rotta, dirigendosi verso di noi. Ed è precipitato nel 2008 in Sudan: 80 tonnellate si sono dissolte per l’attrito con l’atmosfera, i pochi chilogrammi arrivati al suolo sono diventati il meteorite Almahata Sitta. Una urelite, ricca di carbonio, grafite e microdiamanti. «Secondo alcuni studi sulla sua composizione, dovrebbe provenire da una “famiglia” di asteroidi tra Marte e Giove», prosegue Folco. Potrebbe essere dunque il pianeta che manca in quella zona del Sistema solare occupata da asteroidi.
Lo studio, pubblicato su Nature, fornirebbe la prova che serve per supportare la teoria di queste carambole spaziali tra sfere di magma infuocato, pianeti perduti che popolavano il Sistema solare alle sue origini. «Finora questo scenario era stato predetto da modelli fisici, questo importante studio è una conferma a questa ipotesi – conclude Folco, appena rientrato da una spedizione in Antartide dalla quale ha riportato oltre un centinaio di meteoriti raccolti sul ghiaccio –. I meteoriti, come le rocce per la Terra, sono pagine di storia del Sistema solare. Ne registrano l’evoluzione, fotografano diversi momenti. Studiarli significa fare un viaggio nello spazio e nel tempo».