la Repubblica, 25 aprile 2018
L’amaca
Per festeggiare il 25 aprile vi chiedo uno sforzo di immaginazione. Fate conto che questa Amaca sia un drone, e ci porti in volo tutti quanti nella sala consiliare dell’undicesimo municipio di Roma, a Corviale. È mattina.
La sala è vuota. C’è solo un vecchio signore con un foglietto in mano. Ha 92 anni, si chiama Mario Di Maio, ha fatto il partigiano, è stato invitato dalle autorità municipali per raccontare ai ragazzi delle scuole e agli anziani del quartiere gli anni della guerra e della liberazione. Ma qualcosa non ha funzionato, oppure qualcuno si è dimenticato di farla funzionare, oppure è solo il clima dei tempi: fatto sta che non c’è anima viva.
Si sa di attori che hanno fatto la loro recita (e l’hanno fatta bene) di fronte a un solo spettatore. Ma è di fronte a nessuno che il partigiano Mario si schiarisce la voce e decide di leggere ugualmente, ad alta voce, il suo foglietto: una poesia che ha scritto sul bombardamento di San Lorenzo. La poesia non è bella come la canzone di De Gregori (“sconquassato il Verano/dopo il bombardamento/tornano a galla i morti/e sono più di cento”) ma a noi sembra magnifica, perché è per noi che Mario ha scelto di leggerla tra le sedie vuote, chissà se con un tricolore da qualche parte, chissà se congedato, a cose fatte, dalle scuse di qualcuno.
È accaduto la mattina del 23 aprile, ma vale come grande preludio della festa di oggi.
Nessuna manifestazione, nemmeno la più grande, potrà eguagliarla. Grazie Mario.