la Repubblica, 24 aprile 2018
I voti li dà il guanto
Una mano avatar per valutare l’abilità di un chirurgo. E decidere se può operare un paziente in carne e ossa senza rischi Keanu Reeves, nei panni di Johnny Mnemonic, ne indossava un paio quasi identici. In quel film del 1995, tratto dal racconto di William Gibson, Reeves li usava per navigare in un Web in versione realtà virtuale. Così come faceva uno dei suoi tanti eredi, il Wade Watts di Ready Player One, romanzo di Ernest Cline trasformato in film da Steven Spielberg. Ventitré anni dopo, alla periferia di Roma, di quei guanti ne hanno creato una versione funzionante ma da usare in tutt’altro modo. Servono a misurare l’abilità di un chirurgo e sapere il suo grado di perizia. Un sistema che se messo in atto potrebbe tornare molto utile, soprattutto ai pazienti che devono entrare in sala operatoria e che così potrebbero sapere in quali mani stanno per finire.
«Non si tratta solo di conoscere il livello di bravura nel compiere certe operazioni, ma anche quanto un chirurgo deve allenarsi nelle simulazioni prima di poter intervenire su una persona in carne ed ossa», racconta entusiasta Giovanni Saggio. Professore alla facoltà di ingegneria di Tor Vergata, ha creato il suo piccolo laboratorio nel parco universitario fondando il gruppo di ricerca Health Involved Technical Engineering Group ( HiTeg) che applica il digitale alla medicina. I risultati della ricerca condotta sul suo guanto, chiamato come anche lui HiTeg, sono stati appena pubblicati dal Journal of Surgical Education e da IEEE Transactions on Human- Machine Systems.
Nello specifico Saggio sta tentando di dimostrare che tramite il “guanto sensorizzato” e grazie a classificatori matematici fra algoritmi e apprendimento delle macchine, in teoria sarebbe già possibile adesso dare una valutazione dei chirurghi. Un punteggio che stabilisce quanto la loro destrezza manuale è prossima, superiore o distante da quella che idealmente dovrebbero avere.
«L’idea risale al 2009 e a un progetto fatto per l’Agenzia Spaziale Italiana ( Asi), una serie di sensori per studiare i disturbi del controllo motorio», continua il professore di Tor Vergata. «La prima versione del guanto la costruimmo nel 2011, ma ne abbiamo fatte nel tempo diverse varianti secondo il compito che dovevano svolgere». Quello per l’addestramento dei chirurghi è la più evoluta: deve essere leggera, precisa, dare la sensazione del tatto. Vi ha lavorato anche Nicola Di Lorenzo, chirurgo al Policlinico di Tor Vergata, con l’idea di farne uno strumento didattico. Oggi la valutazione degli specialzzandi viene fatta da un chirurgo esperto che assiste alla pratica o all’operazione. Con un sistema del genere i test e la pratica possono essere fatti senza la necessità che sia presente un’altra persona. «Ed è molto più analitica rispetto al semplice sguardo che deve giudicare ogni movimento delle dita», sottolinea Saggio. Una forma di autovalutazione, in primo luogo, ma anche sistema di misura oggettivo.
Il guanto usa quattordici sensori per le articolazioni delle dita e quattro per stabilire la distanza fra loro. Attualmente, essendo ancora un prototipo, ha un costo di alcune centinaia di euro. Messo in produzione, assicurano a Tor Vergata, si potrebbe scendere a poche decine di euro. Ma la parte più pregiata è il software con i suoi algoritmi, frutto del dottorato di ricerca di Laura Sbernini durato tre anni. Dopo la pubblicazione sulle due riviste, ora all’HiTeg puntano a sviluppare altre versioni del software specializzandolo nelle differenti branche della chirurgia.
«Mi piacerebbe avere un catalogo dei gesti dei migliori chirurghi al mondo», conclude Saggio. «Perfezionando i loro gesti, in futuro, potremmo avere robot che interpretano le intenzioni di un medico mettendole in pratica in sala operatoria nella loro migliore esecuzione possibile». Lui però ci tiene a chiarire che si tratta solo di «uno strumento», un ausilio intelligente. «Nessuna macchina potrà mai sostituire il chirurgo».
Certo, restando nel campo delle ipotesi, viene da chiedersi quale potrebbe essere l’utilità di un chirurgo in carne ed ossa in un mondo nel quale una macchina è in grado di operare con una precisione molto più alta. Ma niente paura: uno scenario del genere è pura fantascienza. Almeno per ora.