la Repubblica, 24 aprile 2018
L’amaca
L’arrivo di migranti dal mare in questi giorni registra un picco, ma sui media in generale, e sui giornali di destra in particolare, l’argomento pare quasi estinto. Ciò che in campagna elettorale sembrava un’emergenza insostenibile, un attentato alle nostre tradizioni, una minaccia all’integrità razziale di uno dei popoli più felicemente meticci d’Europa (gli italiani), ora produce il suono inoffensivo di una risacca umana, con qualche annegato, qualche sbarcato, qualche respinto tra le braccia di Mamma Libia: routine, insomma, perfino per quei quotidiani che appena due mesi fa gridavano “al negro!” in prima pagina.
Una modesta proposta sarebbe che i media, almeno quelli muniti di dignità propria, avessero un’agenda finalmente separata da quella della politica: in modo che un problema possa essere tale, e dunque fare notizia, indipendentemente dal fatto che sia in corso una campagna elettorale, con i comizianti che ululano contro l’invasione africana, oppure che la campagna elettorale sia conclusa, e dunque i comizianti siano passati dalle urla in pubblico alle confabulazioni in privato. Le speculazioni politiche sui problemi sociali fanno parte, purtroppo, del gioco.
Bisognerebbe però che i media non se ne facessero strumento inerte, emancipandosi dalla politica almeno quanto basta per tornare ad avere, della società, una visione stabile e indipendente. Vale per l’ordine pubblico, per le buche di Roma, per tutto ciò che appare e scompare a seconda che al governo ci siano “i nostri” o “i loro”.