la Repubblica, 24 aprile 2018
Lavoro, la riscossa delle «pantere grigie»
WASHINGTON Un esercito di “pantere grigie” ai computer, negli uffici e nelle linee di montaggio. Sempre più donne, di ogni età, soprattutto impiegate nei servizi di cura e assistenza. Sempre, drammaticamente, meno giovani che pagano più degli altri l’avvento delle nuove tecnologie e che si “parcheggiano” all’università in attesa di un sempre meno probabile posto di lavoro.
È questo il megatrend fotografato da uno studio contenuto nel World Economic Outlook di primavera dell’Fmi che disegna le tendenze della forza lavoro dei paesi industrializzati alle prese con globalizzazione, innovazione tecnologica e declino demografico.
La sorpresa più grossa sono gli over 55: dati per spacciati con la digitalizzazione del lavoro, hanno invece resistito su scala globale e hanno rilanciato. Il loro tasso di partecipazione, cioè il rapporto tra forza lavoro (composta da occupati e disposti ad impiegarsi) e il totale della popolazione in età da lavoro, sta crescendo. Si direbbe di pari passo con la modernizzazione: soprattutto nell’ultimo ventennio, dal 2000 si è passati da un tasso di partecipazione poco superiore al 60 per cento a oltre il 70 per cento nel 2016, circa 10 punti percentuali. Una sorta di miracolo che investe anche gli ultrasessantacinquenni: nel 1985 solo il 12 per cento lavorava o aveva voglia di farlo, oggi siamo al 16 per cento.
I vecchi rubano il posto ai giovani? Il rapporto dell’Fmi a caccia delle cause di questo fenomeno epocale ne individua almeno tre: l’allungamento della vita media, la voglia di realizzarsi, ma anche le politiche varate negli ultimi anni dai paesi avanzati per contenere la spesa pensionistica, pensioni più basse e innalzamento dell’età pensionabile incollano i “capelli grigi” al posto di lavoro.
Drammatica è invece la condizione dei giovani, dal 1985 ad oggi, nell’ultimo trentennio, il tasso di partecipazione al lavoro, che ci dice quanto è grande la “locomotiva” umana in grado di trainare l’economia, è precipitato: se nel 1985 quasi il 60 per cento di coloro che avevano tra i 15 e i 24 anni, lavorava o era disposto a farlo, oggi la percentuale è scesa sotto il 50 per cento, circa 10 punti. La mancanza di lavoro, lo scoraggiamento o la difficoltà di incrociare l’offerta giusta colpisce ugualmente i giovani uomini e le giovani donne.
Le ragioni? Uno dei motivi è la crisi dell’ultimo decennio: molti non hanno trovato lavoro e allora hanno continuato gli studi in attesa di tempi migliori.
Il trend trentennale indica comunque una correlazione strutturale tra la spinta alla istruzione universitaria operata dai governi e la riduzione della partecipazione al mercato del lavoro delle giovani generazioni. Secondo una delle spiegazioni avanzate dagli autori del rapporto anche un welfare troppo generoso, comprese indennità di disoccupazione e sussidi, scoraggerebbero i giovani e li terrebbero inesorabilmente ai margini.
Infine le donne, il vero e proprio fenomeno del trentennio. Dal 1985 ad oggi hanno guadagnato dieci punti in termini di tasso di partecipazione della forza lavoro, passando dal 45 per cento al 55 per cento della popolazione in età da lavoro.
Perché? In primo luogo una motivazione statistica: le donne sono partite da tassi di partecipazione molto bassi in passato.
Le due motivazioni economiche avanzate dall’Fmi riguardano l’ampliamento del settore dei servizi, dove spesso le donne trovano lavoro nei comparti di cura e assistenza, ma anche welfare e nuove tecnologie che consentono part time e una diversa organizzazione della propria attività conciliata con la famiglia.
In declino invece gli uomini: il loro tasso di partecipazione al lavoro è sceso di 4 punti percentuali, soprattutto nelle situazioni in cui non c’è la responsabilità di una famiglia o dei figli.
Morale: sembra proprio che le economie avanzate stiano perdendo carburante. Nel 2050, dice l’Fmi, il tasso di partecipazione dell’intera forza lavoro scenderà di un ulteriore 5,5 per cento. La soluzione, secondo lo studio Fmi, deve passare per la riduzione delle tasse sul lavoro, per la formazione per incoraggiare i giovani, per la flessibilità di orario per le donne. Ma all’appello si deve far fronte anche con una opportuna politica dell’immigrazione.