la Repubblica, 24 aprile 2018
In quel corpo c’è la seduzione del potere. Truccato, evocato, nel film è Silvio Berlusconi il più umano e insieme il più detestabile
Dopo la macelleria dei corpi femminili – natiche, seni, gambe, tatuaggi in bella vista –, il sesso ambito e quello praticato – niente fellatio e molto sesso pecoreccio –, la droga – cocaina ed ecstasy –, dopo il ministro Santino, traditore, dopo Sergio Morra, alias Tarantini, puttaniere e corruttore, dopo l’Ape Regina, l’albanese Kira, e la giovane Noemi Letizia, dopo la corte di megere e madamazze, il tutto uscito dalle pagine di Cafonal e dalla matita di Mannelli, Paolo Sorrentino ci consegna il corpo di Berlusconi. Impersonato da un magnifico Toni Servillo truccato da Silvio, il quale, come si sa, è già truccato di suo, appare perfetto sotto ogni punto di vista.
Il corpo del Capo è qualcosa di riposante in mezzo a tutti Loro.
Silvio è Lui, e nella prima scena in cui compare, dopo essere stato lungamente evocato, veste abiti da odalisca. Truccato vistosamente da donna rivela l’aspetto transessuale della sua personalità. Lo fa per scherzo, per sedurre nuovamente Veronica, di cui ha perso l’amore. Lui è il vero lubrificante, quello che fa girare il mondo dei Loro. La corte degli accoliti è un caos inverecondo e lubrico al limite del post-human, cui si contrappone invece il mondo sereno della villa sarda dove sta Silvio, l’uomo del Fare, deciso a conquistare la moglie intellettuale che non guarda la tv e tiene i nipoti lontano dal regno di Colpo Grosso, dove invece pare vivere tutto il resto dell’Italia. La villa con i suoi prati all’inglese rasati da robot e vegliata da camerieri e attendenti è un angolo di quiete e distensione al confronto del Luna Park di corpi femminili e maschili della prima parte. La rivelazione arriva qui.
Non attraverso i corpi ammassati delle scene precedenti, e mediante le parole e le citazioni del Capo, che come un Talleyrand postmoderno istruisce il nipote sull’arte della menzogna e della politica pro domo sua. Sorrentino possiede la capacità di rendere umani i suoi personaggi attraverso il modo visionario che ha di raccontarli. L’unico che il regista non ha alcuna necessità di umanizzare è proprio Lui, Berlusconi, perché è il più umano di tutti, e insieme anche il più detestabile e orrendo in questa versione cinematografica.
Gli occhi malandrini, i denti bianchissimi, la fronte alta, i capelli formato moquette: il corpo del Capo è proprio come lo conosciamo, e come lo rivediamo ogni giorno, o quasi, da oltre due decenni in qua. La seduzione è la sua arma migliore, fatta di sguardi e parole, alimentata dal potere che esercita, e dall’avidità del mondo intorno a lui, che l’osanna. Il potere è Lui, un potere eterno e intramontabile, che sembra andare ben al di là del suo stesso corpo, per quanto non pare possa farne a meno. Nella presentazione della prima parte del film Sorrentino scrive che il suo racconto si riferisce a “un momento storico definitivamente chiuso”. Sarà anche così, nel senso che il film ci racconta l’eclisse di Silvio, tuttavia ci presenta anche un’umanità che è sempre identica a sé stessa, dalla corte di Re Sole alle stanze di Mussolini, fino a scendere nei sotterranei bui e osceni del sottopotere. L’eterno italiano è impersonato da Sergio Morra, interpretato da Riccardo Scamarcio, corruttore, il quale è intimamente corrotto, ennesima incarnazione del vitellone felliniano dell’età postmoderna, privo di ogni remora morale, infantile e guascone, pronto a tutto per evadere dalla propria provincia, vero bastardo dalla faccia d’angelo. Ma dopo Trump neppure più solo italiano. Film sui sentimenti Loro è il perfetto fotoromanzo dei nostri anni e dell’eterno Paese dei balocchi che alberga in ciascuno di noi.
Nessuno è innocente.