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 2018  aprile 24 Martedì calendario

«Sono innocente», un servizio etico dalla parte delle vittime

In una televisione del crimine molto spesso centrata sui carnefici, c’è un solo programma che mette al centro le vittime, focalizzandosi sulle storie di chi ha ingiustamente subito dei torti, spesso una detenzione senza colpe, a causa di errori giudiziari o di coincidenze estremamente sfortunate. 
«Sono innocente» è tornato su Rai3 con una seconda stagione, sempre condotto da Alberto Matano, «prestato» alla rete dal Tg1 (domenica, ore 21.20, prodotto da Nonpanic). Si sa che concentrarsi sui colpevoli (o presunti tali) è più facile: c’è tutto il fascino del torbido in cui si può scavare e in più, dettaglio pratico non da poco, spesso gli avvocati delle difese hanno tutto l’interesse a collaborare con la tv passando materiali, interviste inedite, presunte prove che possano aiutare a insinuare il dubbio, magari a chiedere persino la riapertura dei casi. 
«Sono innocente» invece svolge un compito molto più «etico», raccontando vicende che hanno spesso dell’incredibile, tutte dalla parte delle vittime: la puntata di domenica, per esempio, ha raccontato, tra le altre, la storia di Maria Vittoria Pichi, ingiustamente incarcerata alla Giudecca per più di 100 giorni nei primi anni 80, incolpata per il rapimento a Verona del generale americano James Lee Dozier da parte delle Br, solo per la presenza di alcuni volantini di organizzazioni para-terroristiche trovati nell’auto sua e del suo compagno e infine scagionata da ogni responsabilità. «Qualcuno doveva aver calunniato Joseph K., poiché un mattino, senza che avesse fatto niente di male, egli fu arrestato…». 
Impossibile non pensare al Processo di Kafka di fronte all’assurdità di certe vicende. Il ruolo importante di «Sono innocente» non è solo raccontare queste storie, ma anche riabilitare l’onorabilità delle persone che ne sono state protagoniste, rimaste spesso vittime della maldicenza popolare dopo tutti i torti già subiti.