Corriere della Sera, 24 aprile 2018
Togliete il telefono agli eredi di Franti
A proposito di bullismo. Non che sia una consolazione, ma per rilassarci un po’ possiamo sempre ricorrere alla letteratura. I «bulli» (etimologia incerta) entrano nel vocabolario italiano verso la fine del ‘500 grazie al romagnolo Tomaso Garzoni, autore di un’opera «mostruosa», La Piazza universale di tutte le professioni del mondo, un best seller rinascimentale che elenca e racconta i mestieri. Il capitolo CXI si intitola appunto «De’ bulli o bravazzi o spadacini o taglianti o sgherri di piazza». Niente a che fare con le scuole: si trattava di «teppisti» di strada, sostantivo derivato dalla Compagnia della Teppa, banda di malviventi milanesi nata nel 1816 («tepa» era il muschio con cui si ricoprivano). Gadda li definisce efficacemente, come potrebbe definire i bulli di oggi: giovani «che vengono assumendo una tal quale disonesta arroganza, in un tono allegro, provocatore e bravardo». La prima attestazione di «bullismo» risale invece agli anni 50 e la si deve a Guido Piovene («La malavita si confondeva con il “bullismo”»), che alludeva a certi «ganzi» che al bar pretendevano di essere sempre serviti per primi. Restiamo al di fuori delle istituzioni scolastiche, ma la «teppa», con altro nome, era già attiva nelle aule da parecchio tempo. Ben prima del (grande) Lucio Mastronardi, arrivò il De Amicis meno edificante (e noto). Quello del Romanzo d’un maestro (1890), dove le frustrazioni degli insegnanti, la decadenza degli edifici, la prevaricazione dei ragazzi sono anche più gravi di quelle odierne. E poi, al netto del famoso elogio di Umberto Eco, che cos’è il Franti di Cuore se non un tipaccio «tosto e tristo» persino pronto a «piantare un chiodo nel ventre» del più debole e a ritrarsi con viltà di fronte al più forte? Un provocatore violento e ghignante che non stenta a irridere il prof colpito dal calamaio del compagno: un infame che non ha nulla da invidiare ai tanti bulli d’oggi. Burla, picchia, fomenta, tormenta… e gode quando il padre di un compagno irrompe a scuola per fare una partaccia al figlio. Già, una differenza, semmai, è che oggi il padre entrerebbe a scuola per fare la partaccia al prof ottenendo l’ammirazione di Franti, suo alleato. I Gian Burrasca dal vero sono meno simpatici di quelli letterari. Se poi hanno in mano lo smartphone! A proposito, privarli del telefono non sarà un rimedio ma almeno è una vera punizione.