Corriere della Sera, 24 aprile 2018
Quasi amici. Tra il presidente Usa e il suo collega francese una strana intesa, tra affinità e ostacoli, dalla Siria ai dazi. E l’ombra degli accordi sul clima (di cui Donald vorrebbe non parlare)
Parigi-Washington Stati Uniti e Francia: un’amicizia «secolare» e due «outsider» come presidenti. Donald Trump e Emmanuel Macron coltivano la «strana intesa», tra affinità politiche e netti contrasti. Dalla Siria all’Iran. Trump non vorrebbe parlare di clima, ma il tema potrebbe comunque emergere.
La delegazione francese
Al seguito di Macron ci sono circa cinquanta persone, con alcuni nomi a sorpresa. Oltre a cinque ministri ecco tra gli altri Cédric Villani, il matematico incaricato della missione parlamentare sull’Intelligenza artificiale; Bernard Arnault, il patron del gruppo di lusso Lvmh nonché uomo più ricco d’Europa, con sua moglie Hélène Mercier pianista classica; l’armonicista jazz Frédéric Yonnet, lo chef Guy Savoy e lo scrittore Philippe Besson. Ma soprattutto, Macron ha scelto di portare a Washington il ricercatore di Princeton Venkatramani Balaji e il collega di Boulder, Christopher Cantrell, entrambi vincitori della borsa «Make Our Planet Great Again», lanciata dal presidente francese il 1°giugno 2017 in polemica con la decisione di Trump di uscire dagli accordi Parigi sul clima.
Gli «occidentalisti» del Quai d’Orsay
Secondo l’ex ministro degli Esteri di Mitterrand, Hubert Vedrine, la politica estera francese subisce ormai da anni la forte influenza degli «occidentalisti», diplomatici e funzionari del Quai d’Orsay che puntano a rafforzare l’alleanza strategica con gli Stati Uniti. Dopo la crisi del 2003, quando la Francia si oppose all’intervento militare in Iraq, da allora in poi l’avvicinamento tra Parigi e Washington è una tendenza di fondo chiunque sieda all’Eliseo e alla Casa Bianca, e al di là del feeling personale tra Macron e Trump. Con qualche paradosso, come quando tra Hollande e Obama il più interventista nelle crisi internazionali è sembrato senz’altro il francese. Macron ha denunciato l’interventismo neo-con del predecessore, ma anche questo lo avvicina a un Trump tentato dall’isolazionismo. I tempi dell’ossessione autonomista e anti americana di De Gaulle sembrano lontani.
Il gusto dell’outsider
Macron e Trump sono in disaccordo su molte questioni di fondo, dal clima all’Iran, ma il presidente francese vuole approfittare del fatto che Trump abbia relazioni personali pessime sia con la cancelliera tedesca Merkel sia con la premier britannica May. Nell’intervista a Fox News, Macron ha sottolineato di sentirsi accomunato a Trump perché «siamo entrambi dei franchi tiratori, non facciamo parte del sistema politico tradizionale». Come Macron non è espressione dei partiti della destra o della sinistra francesi, così Trump non è un politico di professione e si è imposto all’establishment del partito repubblicano.
Più vicini su Damasco
Il confronto di merito comincerà stamattina con un faccia a faccia e poi nel bilaterale tra le due delegazioni. Si partirà dalla Siria. Il presidente francese si era vantato di aver convinto gli americani a non ritirare i duemila soldati dal Paese. L’orientamento della Casa Bianca non è cambiato. Ma ora sarà il team di Trump, in particolare il ministro della Difesa James Mattis e il consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, a sollecitare un maggiore impegno militare della Francia. Con un doppio obiettivo: accelerare l’offensiva anti Isis sul terreno e rafforzare i presidi occidentali nella Siria del nord-est.
Per gli americani tutto ciò sarebbe il naturale sviluppo del bombardamento congiunto del 13 aprile scorso. In cambio Washington assicura un «interesse», per ora generico, alle «operazioni anti terrorismo» dei soldati francesi nel Sahel.
Iran, non solo nucleare
È il tema più difficile. Per il nuovo team di Trump, il Paese degli Ayatollah è il nemico numero uno. La discussione partirà dall’accordo sul nucleare con Teheran, firmato nel 2015. Trump vuole cancellarlo, ma ha posto tre condizioni prima di decidere alla metà di maggio. Le prime due sono tecniche e interne al protocollo: divieto permanente di sviluppare centrifughe nucleari più avanzate; interruzione dei programmi sui missili balistici. Ma la terza è politica: l’Iran sta destabilizzando l’intero Medio Oriente e minaccia direttamente Israele.
Macron e gli altri europei stanno trattando con Teheran, ma distinguendo tra il dossier atomico e tutto il resto, dalla Siria a Israele appunto.
La spina delle barriere
C’è un’altra scadenza alle porte. Il primo maggio gli Stati Uniti decideranno se confermare i dazi su acciaio (25%) e alluminio (10%) anche per l’Unione Europea. La trattativa è in corso e viene condotta dalla Commissione europea. Ma, fanno sapere dalla Casa Bianca, se ne discuterà anche oggi, alla presenza del ministro del Tesoro Steven Mnuchin e del Commercio, Wilbur Ross. La Francia è il terzo partner commerciale nell’Unione Europea per gli Stati Uniti, dopo Germania e Gran Bretagna, prima dell’Italia. Gli Usa sono il più grande investitore straniero in Francia: 78 miliardi di dollari solo nel 2016. I transalpini rispondono con 19,3 miliardi di dollari e la creazione di 26 mila posti di lavoro. Tanto, ma, dirà Trump, si può fare di più.