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 2018  aprile 22 Domenica calendario

Stato-mafia, se basta una sentenza per battezzare la Terza Repubblica

Sarà interessante leggere le motivazioni della sentenza pronunciata venerdì a Palermo, al termine del processo sulla trattativa fra Stato e mafia, perché promettono di essere il testo costituivo della Terza repubblica. La Seconda era nata sulle inchieste di Mani pulite e della stessa procura di Palermo, per cui il pentapartito era stato giudiziariamente dichiarato corrotto al Nord e mafioso al Sud. Le tangenti di Bettino Craxi al Nord e i baci di Giulio Andreotti al Sud: e purtroppo a poco servono le verità storiche, con i denari delle tangenti che dal Psi andarono ai movimenti antifascisti del Sud America e a quelli anticomunisti dell’Est europeo (mentre il Pci riceveva soldi da Mosca, e sosteneva un regime prima sanguinario e poi marcescente), né le sentenze che sostanzialmente assolsero Andreotti, né tantomeno la considerazione che quel sistema durato cinquant’anni, nato sulla Costituzione antifascista e prosperato sull’argine al comunismo, ci aveva tenuto dalla parte giusta della storia: fra le democrazie occidentali.

La Prima repubblica, però, aveva cominciato a sbriciolarsi con la caduta del Muro di Berlino, con la programmazione di Schengen, con l’arrivo della Lega e soprattutto con le micidiali bombe del ’92, le morti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ed è impressionante che una sentenza legata a quelle bombe sia considerato l’atto fondante della Terza repubblica. Lo ha detto Luigi Di Maio pochi minuti dopo l’emissione delle condanne («oggi muore la Seconda repubblica») e l’ha ripetuto ieri («è uno spartiacque, ora si può cominciare a costruire un futuro senza scheletri nell’armadio»). Il processo trattativa – in estrema, brutale sintesi – dice che lo Stato trattò con la mafia e le fece ampie concessioni per fermare le stragi. Marcello Dell’Utri se ne occupò per conto di Forza Italia, dunque per conto di Silvio Berlusconi. Che, come l’intera Prima repubblica, viene proclamato sia corrotto sia mafioso, e sebbene nessuna sentenza autorizzi a conferirgli i titoli.
Poi ci sono i sottintesi: Borsellino fu ucciso perché si opponeva alla trattativa, e Forza Italia nacque per garantire la mafia nella transizione. Tutto questo sembra conservare elementi di spiccata fantasia, ma conta poco, è soltanto l’opinione di alcuni, non pochi. Si vedrà nei prossimi gradi di giudizio. I fatti sono che il pm del processo, Nino Di Matteo, ha esultato perché ora sono dimostrati, dice, i rapporti con la mafia non soltanto del Berlusconi imprenditore ma anche del Berlusconi politico. È il medesimo Di Matteo che due settimane fa andò a Ivrea, alla convention di Davide Casaleggio, a illustrare il suo progetto per la giustizia: pene più alte, più intercettazioni, più agenti sotto copertura, più sequestri preventivi (cioè sequestri di beni a gente semplicemente indagata), stop alla prescrizione, ridimensionamento del sistema accusatorio (in pratica, meno garanzie). Progetto cupamente incurante delle regole di base dello Stato di diritto, e infatti accolto con un’ovazione dal pubblico, fra cui molti parlamentari a cinque stelle. Chi invece avviò il processo trattativa, Antonio Ingroia, nel mentre che si propone per un ministero in un governo M5S-Lega, spiega ancora più apertamente che «la Seconda repubblica è stata edificata sulla trattativa Stato-mafia». Il contorno sono alcuni commenti, di giornali anche autorevoli, secondo i quali una verità storica ha adesso il timbro della verità giudiziaria. Che sia una verità storica è molto discutibile. Che sia una verità giudiziaria lo è a maggior ragione, e che la Terza repubblica nasca sul mito di un processo di primo grado, con imputati innocenti secondo Costituzione, spiega qualcosa dei giorni che verranno.