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 2018  aprile 23 Lunedì calendario

In pellegrinaggio nella biblioteca dei materiali salvati

Rispettare l’ambiente e riciclare i materiali sono le parole chiave per un mondo più smart e green, dove non accada più che un capodoglio muoia per aver ingerito 29 chili di rifiuti di plastica galleggianti in mare, come è successo a Murcia in Spagna nel febbraio scorso. La risposta possibile è recuperare la plastica e riciclarla come ha fatto per esempio Adidas lanciando nel 2015 le Ocean Plastic Trainers, scarpe da ginnastica realizzate con plastiche riciclate recuperate dagli oceani.
Diventa così fondamentale il ruolo di chi raccoglie i materiali, li trasforma attraverso processi produttivi innovativi e poi li conserva in grandi librerie, pronti per essere presentati ad altre aziende e riutilizzati. Tra questi Material Connexion Italia, un network di consulenza nel cuore di Milano, che prende il nome dalla casa madre di New York. Se si entra nella sede, salta immediatamente all’occhio la «Materials Library», il più grande archivio fisico europeo contenente oltre 5000 materiali riciclati e consultabile solo dagli abbonati su appuntamento. Prodotti suddivisi in otto macrofamiglie: dai polimeri ai ceramici, dai vetri ai metalli, fino a cementi, naturali e derivati, materiali a base di carbonio e processi produttivi e innovativi.
Il database
«Il nostro database è sia di tipo fisico che online. Per quanto riguarda il primo tipo, abbiamo l’archivio più grande in Europa, secondo nel mondo dietro solo a quello di New York che attualmente raccoglie tutti gli 8000 materiali finora lavorati dal network internazionale», spiega orgogliosa Anna Pellizzari, da luglio 2012 direttore esecutivo di Material Connexion Italia. Una srl che gestisce insieme al presidente Rodrigo Rodriquez e all’amministratore delegato Emilio Genovesi.
Un archivio, quello italiano, che nasce dai contatti tra alcune aziende del Paese e il fondatore americano di Material Connexion Usa, George M. Beylerian, network che gestisce insieme all’attuale direttore scientifico della Library, l’inglese Andrew Dent. «George aveva degli amici nel mondo imprenditoriale del mobile – continua Pellizzari –. Scegliere Milano come sede, città italiana del design per eccellenza, era quindi una scelta scontata».
In totale sono sette le librerie sparse nel mondo. Dopo la nascita di New York nel 1997, cinque anni dopo nasce quella italiana, poi Tokyo (Giappone), Bangkok (Thailandia), Bilbao (Spagna), Daegu (Corea del Sud) e Skövde (Svezia) «A Milano abbiamo materiali della più piccola componente come pigmenti e materie plastiche – continua Pellizzari – fino a semilavorati come tessuti, moquette e piastrelle. I miei preferiti, però, sono quelli circolari». Ovvero prodotti di origine biologica e organica che, se riciclati, diventano risorse per altri materiali. Tra gli esempi più noti la «Econyl» di Aquafil, un nylon rigenerato proveniente dalle reti da pesca, molto utilizzato anche da Adidas: «Senza però dimenticare Vegea – fa sapere l’amministratore delegato – azienda che produce la “Wineleather”, una pelle 100% vegetale ottenuta dalla lavorazione delle vinacce scartate dell’industria agroalimentare».
I visitatori
Il numero di visitatori della Library varia di giorno in giorno: «Quando vengono a trovarci gli studenti arriviamo anche a cento persone, altri giorni invece ci sono solo gli abbonati. Potremmo averne anche di più – esclama Pellizzari – ma rendere l’archivio un museo non ci interessa. Abbiamo già tante iniziative da gestire».
Tra queste, due sono andate in scena negli spazi di Superstudio Più in occasione della recente Design Week di Milano: la «Materials Village» e la «Smart City: Materials, Technologies & People», dove sono stati presentati una serie di materiali e sistemi di gestione sulla tematica della città intelligente. Senza dimenticare le altre città italiane: «Trecento delle nostre tavole si trovano al Catas di San Giovanni al Natisone, in Friuli, e 40 a Lamezia Terme per il progetto “Calabria Innova”, organizzato dalla Regione».
Insomma, tanti sono i progetti di Material Connexion per proteggere il benessere ambientale, ma per Pellizzari occorre fare ancora di più: «Ci vorrebbe più informazione sull’importanza degli oggetti. Li buttiamo via senza renderci conto dei materiali che li compongono. Possono essere riutilizzati, riciclati e riprogettati, oltre a poter essere riparati. Se uno sapesse quanto lavoro, energia o valore c’è dentro una bottiglietta di plastica, le persone non la butterebbero via a cuor leggero».