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 2018  aprile 23 Lunedì calendario

L’invasione dei robot preoccupa l’Fmi

«Il futuro del lavoro e l’impatto delle nuove tecnologie sulle prospettive occupazionali nel medio e lungo termine». È stato questo uno dei temi più dibattuti nel corso degli incontri primaverili di Fondo monetario internazionale e Banca mondiale. Un argomento che si è imposto per magnitudo e ampiezza nel processo di ridefinizione dell’agenda delle istituzioni di Bretton Woods e che troverà presto spazio nei formati finanziari di G7 e G20. La recente spinta all’automazione, l’avvento dei robot di ultima generazione e le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale rendono il dibattito sul futuro dell’uomo nei processi produttivi più cruciale che mai. «Su tali questioni ci si è trovati d’accordo nel dire che ci sono delle opportunità, ma anche delle sfide, e che vanno affrontate a livello multilaterale», spiega il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. È stato il titolare di via XX settembre, nella conferenza stampa congiunta di fine lavori con il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, a riferire come l’argomento abbia trovato un posto di rilievo nella rinnovata agenda del Fmi. Assieme al tema delle diseguaglianze, al dibattito sul commercio (la parola più evocata) e al nodo delle tasse.
Si tratta di un fenomeno di avanzamento tecnologico in grado di cambiare tutto il sistema economico e non solo ambiti specifici di settori o imprese. E tale da creare due problemi. «Uno di breve periodo legato ai costi di rimpiazzo dei lavoratori che vengono sostituti da macchine – avverte Padoan – ovvero come poter gestire il mercato del lavoro in questa fase di transizione». L’altro problema è di più lungo periodo e ha a che fare con la formazione di nuove capacità lavorative. «Emerge la centralità degli investimenti nel sistema educativo e dell’istruzione con impatti più duraturi sulla capacità di crescita delle economie – precisa Padoan – È un processo che richiede tempi più lunghi, processo che in alcuni Paesi è già iniziato, ma da noi deve ancora iniziare».
Il messaggio è chiaro, come lo è il monito di Visco, secondo cui il fattore di rischio principale di questa ondata di cambiamento tecnologico-occupazionale è la velocità con cui si sostituisce il lavoro umano con altro tipi di input produttivi, virtuali o fisici. «Come mettere assieme il vecchio e il nuovo è la sfida più grande che un governo, in un Paese avanzato come il nostro, possa avere», afferma il governatore della Banca d’Italia. La nuova automazione è del resto una tematica dai contorni globali come conferma una proiezione dell’Overseas Development Institute (Odi) britannico, secondo cui in meno di venti anni sarà più conveniente impiegare robot negli stabilimenti industriali americani, piuttosto che assumere manodopera in Africa. Il problema è sentito ovunque, quindi, tanto che negli Stati Uniti c’è chi, in vista delle presidenziali del 2020, modula la campagna elettorale proprio sul tema.
Come Andrew Yang uomo d’affari newyorkese pronto a candidarsi alle primarie democratiche al grido di battaglia: «Vi difenderò dall’avanzata dei robot». Una provocazione, ma di «real politic», come conferma la novità semantica del Fmi. Ovvero, spiega Padoan, il fatto che «la parola nuova più usata in questi lavori sia stata “fiducia”, a evocare un problema che riguarda molti Paesi» e che si riferisce all’erosione della fiducia nella politica e nei politici a risolvere i problemi delle disuguaglianze».
«Fiducia come “trust” (non “confidence”), quella che si è ridotta molto anche in Europa nei confronti delle istituzioni». E che rischia di ridursi ulteriormente qualora governi e istituzioni si rivelino impreparati ad affrontare l’avanza dei robot nel mondo del lavoro.