La Stampa, 23 aprile 2018
L’obbligo smarrito di educare
«Suo figlio è un maleducato». Sono trascorsi quarant’anni eppure lo ricordo ancora. Ricordo le labbra di mia madre contrarsi e il rossore sulle sue guance: quel volto di cui conoscevo ogni angolo, ogni rimbalzo di luce, trasfigurato in un’espressione a me ignota. Non ricordo l’accadimento – un comportamento brusco, una risposta sgarbata? – eppure ricordo perfettamente il momento. Non ricordo nemmeno se lo stigma gettato su di me dall’anziana signora fosse giustificato, eccessivo o del tutto infondato.
«Suo figlio è un maleducato».
Ricordo la vergogna accamparsi sul volto di mia madre. Quella rabbia introflessa mescolata al sentimento di una vita sprecata.
Nessuna istruttoria, nessun dibattimento, nessun testimone a discarico. Era bastato che la vecchia pronunciasse la sentenza – giudice monocratico – perché la vergogna fosse suscitata. E, con essa, una catena di conseguenze, anche violente.
Per secoli, per millenni, le colpe dei padri sono ricadute sui figli e l’onta dei figli si è rovesciata sui padri. Ora quel vincolo di eredità e rispecchiamento sembra essere reciso. Era di certo una catena dell’essere dai tratti spesso opprimenti ma garantiva che lo stratificarsi delle successive generazioni non risuonasse a vuoto nelle caverne del tempo. Era un mondo severo, brutale, a volte perfino spietato – spesso ingiusto – ma ordinato da un principio: ai genitori spettava il compito dell’educazione dei figli e ai figli il dovere di onorarla. Il risultato non era garantito e la buona volontà non era sufficiente: il genitore poteva tradire il proprio dovere o il figlio poteva mostrarsi ingrato. Era comunque un gioco a somma zero e un sistema di valutazione autoaffermativo. Non c’erano né scappatoie né prove d’appello: se il figlio si dimostrava maleducato, ciò chiamava in causa il suo educatore designato. La vergogna fungeva da arbitro infallibile.
Il pulviscolo di notizie sconfortanti con cui la cronaca dei nostri giorni ci narra di ragazzi irrispettosi, tracotanti, violenti, e di genitori complici della loro aggressiva maleducazione, forse richiede una lettura semplice, magari anche un po’ semplicistica, perfino un po’ ottusa. Il rischio, altrimenti, è che l’eccesso di approfondimento, o di sottigliezza ermeneutica, nasconda l’evidenza di una verità macroscopica e madornale. Il rischio, insomma, della proverbiale pagliuzza nell’occhio altrui che occulta la trave nel nostro. La lettura è questa: se i nostri figli manifestano sempre più spesso eccessi di maleducazione violenta, ciò accade perché abbiamo smesso di educarli.
Agli storici, ai sociologi, agli psicologi, ai filosofi il compito di approfondire le cause, le ragioni, le diagnosi e le prognosi. A tutti noi il dovere di assumerci questa ovvietà sconcertante: in qualche momento non meglio precisato della seconda metà del secolo scorso, una generazione che aveva ricevuto una severa educazione dai propri padri l’ha rigettata senza sostituirla con un’altra. Non si è interrotta la catena di trasmissione di uno specifico modello educativo ma si è abdicato all’idea stessa che i figli dell’uomo debbano ricevere una qualche educazione.
Lo abbiamo già scritto e siamo perciò costretti a ripeterlo. Il Secondo dopoguerra europeo – soprattutto quello latino – si è progressivamente sbarazzato di tutte le tradizionali istituzioni pedagogiche: esercito, scuola, famiglia, istituzioni pubbliche, grandi partiti politici di massa. Si è sbarazzato, in altre parole, della modernità, l’epoca che aveva creduto che non soltanto il soldato, lo scolaro e il figlio andassero educati ma anche il cittadino e il militante. Il risultato è che i genitori non si rispecchiano più sulla superficie cristallina della buona educazione ricevuta dai figli ma ritrovano se stessi nello specchio deformante della loro maleducazione sistematica. La sempre più frequente aberrazione di padri che si alleano ai figli nel contrastare o nell’aggredire gli insegnanti è solo la manifestazione più estrema di un’abdicazione vasta quanto lo è l’epoca nostra.
E, lungo questa china, le cose potranno solo peggiorare. Non ci si può certo aspettare che educhi i propri figli chi non è stato educato. Resta, però, il mistero di una generazione che un’educazione l’ha ricevuta ma ha deciso di non trasmetterla. La misteriosa generazione che ha spezzato la catena.