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 2018  aprile 22 Domenica calendario

Il bronzo e i collage di oggetti: anche Picasso lavorava in 3D

Una mostra a Lugano di disegni e sculture che illustra come l’occupazione nazista di Parigi e, prima ancora, lo scontro fra repubblicani e nazionalisti in Spagna, avessero imposto a Picasso un diverso racconto e anche un nuovo modo di lavorare. «Secondo me – scrive nel 1943 Brassaï, fotografo e intervistatore dell’artista – l’opera scultorea di Picasso è in qualche modo il fondamento della sua pittura e, spesso, il luogo dove nascono e vengono elaborate le sue idee».
Proprio lui fotografa a Parigi le sculture che Picasso aveva modellato in gesso a Boisgeloup e quando chiede: «Ma come ha fatto a far fondere tanto bronzo?», Picasso risponde: «Alcuni amici devoti hanno trasportato i gessi di notte, in carretti a mano sino alle fonderie… ed era ancor più rischioso riportali qui dopo che erano stati fusi nel bronzo, sotto il naso delle pattuglie tedesche».
È del 1934 Donna con arancia, allora appena fusa in bronzo: cartone ondulato per collo, blocco quadrato per testa, braccio sinistro piegato a reggere un vaso, la mano destra aperta come bocca di serpente a reggere un pomo e, sotto, il corpo come un tronco d’albero. Insomma, Picasso scopre il collage di oggetti, reinventa il mondo di Dada, ma sa bene che il segreto sta in quello spazio sospeso fra i frammenti del reale e l’immagine che li reinventa. Dice Picasso: «Quel che è meraviglioso, del bronzo, è che può dare agli oggetti più eterocliti una tale unità che a volte è difficile identificare gli elementi di cui sono composti»; ma qui sta anche il rischio, che gli oggetti si riconoscano.
In mostra c’è un altro pezzo nodale, Testa di morto (1943): «Ciottolo abbandonato dal riflusso della vita, inspiegabilmente i fiori carnivori somigliano al cranio levigato… bocca vivente, senza denti e senza labbra, un solo tratto sogghignante» così, nel 1974, André Malraux lo descrive, simbolo della guerra.
È proprio nel segno della passione civile, quella che porterà Picasso a dipingere nel 1937 Guernica, il guazzo Minotauro ferito, cavallo e figure (10 maggio 1936), che viene dopo l’acquaforte del 1935 Minotauromachia. Qui già vediamo alcuni dei personaggi di Guernica : il cavallo che nitrisce alto sul minotauro abbattuto, a destra una quinta di scena e una figura di donna; siamo davanti a una metafora di violenze, quelle della guerra civile spagnola.
In mostra si può seguire attraverso altre sculture la complessa ricerca di Picasso: ecco la densa Testa di donna (Fernande) (1909), ecco la scomposizione cubista di Mandolino e clarinetto (1913), ecco infine La capra (1950), ancora una volta sistema composito di oggetti poi fusi in bronzo. La rassegna fa capire anche come lavora l’artista quando crea una serie: di Fruttiera e mandolino su buffet vediamo, dipinte dal 14 al 19 febbraio 1920, ben 11 versioni nelle quali Picasso sposta la fruttiera o il mandolino, scandisce i piani scomponendo lo spazio, varia i colori dal bruno al grigio, insomma compone e scompone i diversi elementi creando così nuovi spazi, nuovi volumi. Del resto proprio a Brassaï Picasso aveva detto: «Matisse fa un disegno e poi lo ricopia dieci volte sempre raffinando il tratto. È convinto che l’ultimo, il più spoglio, sia il migliore, il più puro, il definitivo; invece, il più delle volte, era il primo». E Picasso questi suoi «primi disegni» li conserva tutti.
Nella Parigi occupata Picasso è molto più di un artista che ha scelto di non fuggire: è un simbolo. Il console americano gli aveva proposto di fuggire negli Usa, ogni nazione libera lo avrebbe accolto, ma lui rifiuta e Jacques Prévert, proprio nel 1943, commenta: «Bisogna essergliene grati… è un atto di coraggio… i nazisti lo vedono di mal occhio, potrebbe essere internato, deportato, preso come ostaggio… La sua arte stessa, un’arte “degenerata”, “bolscevica”, già condannata, potrebbe essere mandata al rogo… Picasso ha accettato il rischio, è tornato nella Parigi occupata. È con noi. Picasso è una brava persona». E Picasso a Parigi, in Francia, resterà fino alla fine. Simbolo, con la sua opera, di cosa significa libertà.