il Fatto Quotidiano, 22 aprile 2018
Riciclati, editorialisti, magistrati: nuova vita per gli ex onorevoli
C’è chi conta i denti ai francobolli, chi aspetta tempi migliori e chi si è già riciclato alla grande nella vita dopo il Parlamento. L’attuale legislatura è quella con il più alto tasso di ricambio della storia repubblicana, sono stati confermati solo il 34% dei seggi: orde di ex onorevoli sono rimasti fuori dai Palazzi. In pochi senza impiego.
L’ex deputata renziana Lorenza Bonaccorsi, sconfitta il 4 marzo in un collegio di Roma, ha trovato asilo alla Regione Lazio: Nicola Zingaretti l’ha nominata assessore al Turismo. Nel Pd laziale altri due avevano fiutato per tempo la malaparata e si erano candidati nelle liste del governatore: Marietta Tidei ed Emiliano Minnucci sono passati senza traumi da Montecitorio alla Pisana.
Più a nord, qualcuno benedice le morbide maglie della provincia autonoma di Trento. L’ex senatore tirolese Franco Panizza è stato restituito dopo una lunga aspettativa al dipartimento Foreste, Faune e Agricoltura del capoluogo (impiego prestigioso ma mai esercitato: vinse il concorso nel 2001 quando era già assessore regionale). Il leghista Sergio Divina invece lascia il Senato dopo 13 anni e si deve accontentare di un più modesto ufficio all’Apapi, l’agenzia per la previdenza integrativa della Provincia di Trento.
Generosa è anche la Sardegna. L’ex senatore Luciano Uras aveva a lungo brigato per una candidatura nel Pd con Dario Stefàno – entrambi “pisapiani” cooptati da Renzi – ma a differenza del collega il 4 marzo non ce l’ha fatta. Poco male: il presidente della Regione Francesco Pigliaru gli ha ritagliato un incarico “tecnico politico” nel suo gabinetto.
In questi giorni di trame e consultazioni, c’è molto lavoro per un altro ex parlamentare: Francesco Saverio Garofani – tre legislature nel Pd, e un lungo rapporto di fiducia con Sergio Mattarella – ora è consigliere politico del Quirinale.
Diversi, poi, i magistrati tornati al ruolo. La dem Donatella Ferranti è rientrata direttamente da giudice di Cassazione dopo 18 anni di aspettativa. Stefano Dambruoso (Scelta Civica) è in Procura a Bologna. Hanno chiesto il rientro anche l’ex Mdp Doris Lo Moro e il sottosegretario Domenico Manzione. Anna Finocchiaro, che aveva lasciato la Procura di Catania 30 anni fa, riprende la carriera ma non la toga: “Chiederò di essere assegnata– ha scritto al Corsera – a funzioni amministrative non apicali nel ruolo del ministero della Giustizia”.
Tra le anime più o meno smarrite c’è pure Ernesto Carbone. Malgrado il “ciaone” che gli hanno restituito gli elettori, fa politica più o meno come prima: soprattutto in tv e sui social (l’ultimo tweet fondamentale: “Quelli della Formula E sono i vegani della Formula 1”). È tornato a fare l’avvocato (ma il racconto è generico): “Esercito in un grande studio con sede in via San Lorenzo in Lucina”. A pochi passi da Montecitorio, e a poche traverse dall’agenzia di lobbying Utopia, dove sono stati visti transumare diversi ex onorevoli in cerca di ricollocazione (sulle identità, massimo riserbo). Commenta un altro ex, Daniele Capezzone: “Molti di quelli facevano i lobbisti già in Parlamento… almeno ora non fanno danni”. Lui – già radicale, berlusconiano e poi “fittiano” – si dedica al giornalismo: scrive su La Verità e dirige la rivista Atlantico.
Le porte tra i palazzi e le redazioni sono girevoli in entrambi i versi. Nicola Latorre, Pd, ex presidente della commissione Difesa al Senato, scrive un editoriale a settimana per Il Messaggero di Caltagirone, mentre l’eterno Denis Verdini si diletta da colonnista per Il Tempo dell’amico Angelucci (è diventato presidente del ramo Editoria della sua Tosinvest). Fabrizio Cicchitto dopo 6 legislature coltiva velleità da storico: scrive un libro su Forza Italia (“Sono arrivato al 2014”).
Francesco Russo (Pd), Alfredo D’Attorre e Miguel Gotor (LeU) hanno ripreso la carriera universitaria. Poco si sa invece sulle meteore dei 5Stelle (fatta eccezione per l’imminente ritorno in America latina di Alessandro Di Battista) ma pochi giorni fa si è riaffacciato alla Camera, da privato cittadino, Ivan Della Valle: di lui si erano perse le tracce dopo lo scandalo delle mancate restituzioni (il padre disse, poi smentito, che se n’era andato in Marocco con i quasi 200 mila euro che aveva omesso di versare). Ora verga parole amare sugli ex colleghi: su Facebook paragona M5S alla fattoria degli animali di Orwell.
Tutti, ma proprio tutti gli ex parlamentari si sono consolati con una buona uscita: la camera di appartenenza ha versato loro 45 mila euro a testa per ogni mandato. Il recordman è Carlo Giovanardi: 7 legislature e 315 mila euro di liquidazione. Sopravvive senza patemi: “Mi dedico alla filatelia”. Ovvero i francobolli. “Sto curando una mostra per il centenario del primo bollo stampato a Fiume, il 2 dicembre 1918”. Senza nostalgia: “Per Forlani ‘l’ambizione della posizione perduta porta gli uomini alla rovina’. Io sono stato ministro, sottosegretario, capogruppo; di posizioni non ne ho mancate molte”. Rosy Bindi ha lasciato il Pd e la politica dopo sei legislature. “Mi occupo di mia mamma, studio, riordino le carte. Sto mettendo a posto 30 anni di vita”. Dice di essere finalmente felice.