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 2018  aprile 22 Domenica calendario

I nazisti non sono gli omini della Lego

Mio figlio di quattro anni vede la foto di una manifestazione nazista su un giornale e dice: Una parata!
– Sì, rispondo io. È una specie di parata. Ma vedi che facce arrabbiate che hanno? E le bandiere verdi, e gli striscioni pieni d’odio? È segno che è qualcosa di più di una manifestazione.
– Cos’è una manifestazione?, chiede lui.
– È quando molte persone si radunano nello stesso posto perché gli piacciono le stesse cose.
– Come a Legoland?
– Più o meno. Ma queste persone sono nazisti. E sabato faranno una grossa manifestazione davanti a una fiera del libro a Göteborg.
– Cos’è una fiera del libro?
– Una grande casa in cui un sacco di scrittori e lettori si incontrano per parlare di libri.
– Cosa sono i nazisti?
– I nazisti sono un po’ come gli omini dei Lego. Solo più grandi. Hanno tutti la pelle dello stesso colore e più o meno la stessa pettinatura. E pensano che le persone bianche siano migliori di quelle nere o scure.
– Non è vero, dice lui.
– Lo penso anch’io.
– Le persone scure sono molto meglio di quelle nere e di quelle bianche.
– Perché?
– Perché corriamo più forte.
– In realtà tutte le persone hanno lo stesso valore.
– Tutte le persone?
– Tutte.
– Non tutte tutte.
– Sì, invece. Tutte le persone.
Ci pensa sopra un attimo.
– Tranne quelle in sedia a rotelle.
– Anche loro.
– E quelle super super vecchissime?
– Anche loro.
– E i ragni?
– I ragni non sono proprio persone.
– Neanche l’Uomo Ragno?
– L’Uomo Ragno è un caso speciale. L’importante per i nazisti è che ci siano confini definiti. Gli uomini devono essere uomini. I bianchi devono sposarsi solo con i bianchi. Nessuno può essere omosessuale.
Mio figlio apre la scatola dei Lego.
– Gli omini dei Lego sono gialli, dice.
– È vero. E nella realtà i bianchi sono più che altro rosa.
Ride.
– Nasim della scuola materna non è né bianco né rosa. E nemmeno Isak. E neanche Semilia. E Amal. E nemmeno Tuu e Kokuwa.
Annuisco.
– E nemmeno tu, aggiunge.
– Dipende dalla stagione. A volte la gente pensa che ho la pelle marrone, a volte bianca. Sono a metà strada. Come te.
– Non ci sono omini dei Lego marroni, dice.
– Mi sa che hai ragione.
Cerca un pirata. Un poliziotto. Un elicotterista. Due cavalieri.
– Quando è la parata?
– La manifestazione è sabato. Molti dei nostri amici ci andranno per protestare contro i nazisti.
– Ci andiamo anche noi?
– Göteborg è lontana.
– Più lontana dello spazio?
– No, non così tanto.
– Allora ci andiamo. Gli possiamo lanciare delle bacche di rosa canina, perché dentro hanno la polvere che fa grattare.
– Buona idea. Ma qualche volta queste manifestazioni diventano violente. E io non sono molto bravo a manifestare. Non mi piacciono gli slogan politici. Potere al popolo! D’accordissimo. Ma chi è compreso nel popolo? E a quale potere ci riferiamo, quello politico, economico o linguistico? Abbasso il patriarcato! Volentieri. Ma non dovremmo cominciare dalla società classista? Yes, we can! Buon per voi che potete, ma chi non può?
– Sembra che hai paura.
– Non ho paura.
– Ma sembra che hai paura.
– Forse è vero. Quando sei nato stavamo per andare a una manifestazione a Stoccolma. Centinaia di persone si sono radunate a Kärrtorp per protestare contro l’aumento delle attività naziste nella zona. Mio fratello ci è andato. Anche Arias e Clarice. E Axel, Simon e Frida. E Tuu e Kokuwa.
– Da soli?
– No, con i loro genitori, è ovvio. Era il 2013, quindi avevano solo 3 e 7 anni. Nei video su internet si vede gente che canta, qualcuno che mangia un hot dog, due reduci hippy che distribuiscono volantini, alcuni pensionati che bevono un caffè. Poi si sente un’esplosione. La piazza si riempie di fumo. Una bottiglia finisce proprio in mezzo alla folla, la gente si mette a correre, i bambini perdono i loro palloni, le macchine iniziano a suonare il clacson. E sai cos’era successo?
– Il terremoto.
– No. I manifestanti erano stati attaccati. Da una banda di nazisti mascherati.
– Nazisti veri?
– In carne e ossa. Lo stesso gruppo che farà la manifestazione a Göteborg. Lanciavano bottiglie e fumogeni e avevano mazze e tirapugni. Clarice ha preso la carrozzina e si è messa a correre verso la metropolitana. Kokuwa ha perso il suo papà nella confusione, ma poi ha trovato dei vicini di casa che si sono presi cura di lui. Nel video in un primo momento sembra che la folla si disperda, ma pochi secondi dopo cambia forma come un’ameba. Via i nazisti dalle nostre strade! Le persone camminano insieme. Via i nazisti dalle nostre strade! Tutti si mettono a gridare. Via i nazisti dalle nostre strade! Un altro fumogeno. Via i nazisti dalle nostre strade! Una bottiglia finisce vicino a una carrozzina. Via i nazisti dalle nostre strade! Gli allarmi delle macchine risuonano nella piazza. Via i nazisti dalle nostre strade! Gli hippy, i pensionati, le mamme in permesso per maternità. Via i nazisti dalle nostre strade! Gli antifascisti mascherati, mio fratello, il papà di Kokuwa. Via i nazisti dalle nostre strade! La folla avanza verso i nazisti. Via i nazisti dalle nostre strade! I nazisti scappano.
Mio figlio sorride.
– È così che si vincono le lotte politiche, dico. Con la voce, più che con le armi.
– Non ti sei dimenticato niente?
– Cosa?
– Non c’è stato un antifascista che ha estratto un coltello e ha colpito un nazista alla schiena?
– Forse. Non me lo ricordo. Ricordo solo che Kokuwa lunedì è venuto a scuola e ha raccontato che suo papà aveva fatto scappare una banda di nazisti. Ed era così orgoglioso.
– Ma noi non c’eravamo.
– Purtroppo no.
– E sabato non andremo a Göteborg.
– No, resteremo a casa. È meglio così.
Restiamo seduti in silenzio. Mio figlio trova un astronauta. Un vulcanologo. Un pilota di motocross. Li mette in fila. Non gli racconto dell’anno in cui ero a Göteborg e sono stato aggredito. Non gli racconto delle telefonate con l’editore, della denuncia ritirata o della guardia del corpo che il giorno dopo mi ha accompagnato a tutti gli incontri. Perché voglio che mio figlio continui a credere che là fuori ci siano spazi protetti, luoghi dove il tuo corpo non subisce minacce a causa delle tue parole. Nello stesso modo in cui crede agli unicorni, a Babbo Natale e all’Uomo Ragno.
– Non sei contento che non siamo andati a quella manifestazione a Kärrtorp?, mi chiede.
– Come fai a ricordartela? Avevi solo pochi mesi.
– Ricordo più di quanto credi, risponde. Per esempio, ricordo tutte le volte che hai detto che impegnarsi politicamente è importante.
– E lo è.
– E poi non sei andato alle manifestazioni. Ricordo tutte le volte che hai detto che condividere è importante.
– È vero.
– E poi hai ignorato i mendicanti in metropolitana.
– Non ho mai spiccioli.
– Ricordo che dici di essere a favore dei confini aperti, ma in realtà provi un curioso senso di sicurezza quando i confini vengono chiusi, perché così puoi continuare a vivere nella tua bolla, ad avere i tuoi ideali politici e a scrivere i tuoi post su internet senza mai rischiare qualcosa di importante.
– Non parli come un bambino di quattro anni.
– E tu non ti comporti come un uomo di quaranta. Ma non c’è problema, capisco. Anche a me piacciono i Lego. Solo che è importante ricordarsi che i Lego non sono la realtà.
Si sporge in avanti e butta giù la fila di omini.
– Allora quando andiamo a Göteborg?
– La prossima volta che i nazisti faranno una manifestazione ci andremo, te lo prometto. Grideremo Via i nazisti dalle nostre strade!, e io non mi chiederò se le strade sono davvero nostre, o se non sarebbe più importante pretendere che i nazisti restino fuori dai governi, dalle forze di polizia o dalle scuole. Difenderemo il principio che tutti gli uomini hanno lo stesso valore, e poi cercheremo sul serio di vivere come se fosse vero. E quando ci attaccheranno con lanci di bottiglie e fumogeni, con insulti e slogan, con proposte di leggi e cani-poliziotto, ti terrò vicino a me, e ti ricorderò che siamo più numerosi di loro. E ti insegnerò a gridare Via i nazisti dalle nostre strade!, in tutte le lingue del mondo.
( traduzione di Katia De Marco )