la Repubblica, 22 aprile 2018
Il problema di un titolo
Come capita con certi film penalizzati dal titolo sbagliato, può darsi che sia proprio il titolo “trattativa Stato-Mafia” il problema di quel processo così faticoso e così importante. Non lo Stato tutto intero e in quanto tale, ma uomini dello Stato trattarono con la Mafia, servendola o servendosi di lei. Difatti non lo Stato, ma uomini di potere con cognome e nome, alcuni neanche formalmente uomini dello Stato (per esempio Dell’Utri) sono stati condannati. Lo Stato è un insieme di stanze e di uffici nei quali hanno abitato e abitano, di volta in volta, eccellenti persone e pessimi soggetti, coraggiosi servitori e funzionari felloni o pusillanimi. Nessuno può «processare lo Stato», come si amava dire nei burrascosi anni Settanta, perché lo Stato è fatto di persone e ogni persona risponde delle proprie azioni: questo valeva per i sordidi organizzatori e/o tutori dell’eversione nera così ben radicati nei servizi segreti, vale per gli oscuri maneggi compresi nel pacchetto “trattativa con la Mafia”. Certo lo Stato italiano, a giudicare dalla travagliatissima storia repubblicana, si è rivelato molto permeabile alle cattive intenzioni e ai giochi sporchi: anche quelli sanguinari, come lo stragismo. Ma furono “Stato” anche Falcone e Borsellino, Dalla Chiesa e Rocco Chinnici. E dunque, forse, il solo vero errore di quel processo è la sua insegna, che ha fatto sembrare “ideologica” l’accusa a persone specifiche imputate di specifici reati.