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 2018  aprile 21 Sabato calendario

Elisabetta raccomanda il figlio. Carlo si prende il Commonwealth

Il principe Carlo prenderà il posto di sua madre la regina Elisabetta anche come capo del Commonwealth delle Nazioni, l’organizzazione che lega al Regno Unito 53 Paesi che facevano parte dell’impero britannico. La successione non era per nulla scontata: la carica non è ereditaria e il capo del Commonwealth deve essere designato. Dal 1952 non lo si è più cambiato perché Elisabetta II è stata un capo esemplare, rispettoso, amato e instancabile nel tenere insieme su base volontaria i residui del vecchio impero, fatto di nazioni che lei ha visitato ogni anno percorrendo milioni di chilometri
Quando Elisabetta è salita al trono i Paesi del Commonwealth erano soltanto 11: gli altri si sono aggiunti spontaneamente nel tempo per convenienze economiche e politiche, ma anche perché a capo dell’organizzazione c’era lei, una regina mai toccata da scandali e guidata dal grande senso del dovere ereditato dal padre Giorgio VI. La successione di Carlo era però incerta: il leader laburista Jeremy Corbyn ripete da tempo che il Commonwealth dovrebbe finalmente nominare un capo non britannico e alcuni presidenti dei Paesi membri la pensano come lui. Carlo inoltre non sembrava in grado, per molte ragioni, di ricoprire il ruolo come ha fatto sua madre.
C’è voluta dunque un’attenta regia per arrivare al risultato. Riuniti a Londra, i leader dei 53 Paesi sono stati sontuosamente ricevuti giovedì da Elisabetta, che ha poi detto nel suo discorso: «È mio sincero desiderio che mio figlio Carlo possa portare avanti l’importante lavoro cominciato da mio padre nel 1949», l’anno in cui è nato il moderno Commonwealth. Nella Waterloo Chamber del castello di Windsor, adornata dai grandi ritratti degli uomini che hanno sconfitto Napoleone, i leader politici hanno discusso per un po’ e l’hanno accontentata. Non si poteva fare un dispetto alla Regina, che il giorno prima aveva così esplicitamente appoggiato il figlio e che il giorno dopo, oggi, avrebbe compiuto 92 anni.
Per Carlo il nuovo lavoro comincerà subito. Elisabetta non va più all’estero e tocca dunque all’erede al trono prendersi cura di Paesi che vanno dall’Australia al Canada, dalle isole caraibiche all’Africa, fino alle Salomone e alla Papua Nuova Guinea. Sarà il capo, ma solo simbolico, di circa 2 miliardi di persone, accomunate dalla lingua, dalla letteratura, dalle leggi e da accordi commerciali che favoriscono anche i reciproci flussi migratori. Sarà anche il re di 16 nazioni, comprese Australia, Canada e Tuvalu, un’isola della Polinesia con soli 11.000 abitanti.
Il Commonwealth è stato importante per molti anni sul piano commerciale, ma cominciava a perdere rilievo per l’esclusione di realtà economiche importanti come Europa, Russia, Cina e America del Sud. Con la Brexit potrebbe però riacquistare nuovo vigore e compensare in parte gli effetti negativi dell’isolamento britannico, smentendo quanti pensano che rappresenti ormai solo una paternalistica visione del mondo. Ma Carlo dovrà darsi parecchio da fare: in Australia, Nuova Zelanda, Giamaica e Canada i repubblicani sono in fermento e finora li si è tenuti a bada con continue visite dei royals, sempre molto applauditi dalla folla soprattutto quando tengono un nuovo principino in braccio. Elisabetta nei suoi viaggi mostrava tatto, diplomazia, comprensione e curiosità, Carlo ha meno pazienza, si irrita facilmente e non sembra a proprio agio con un cappello di piume aborigeno in testa o mentre partecipa a danze tribali. Non è dunque da escludere che in futuro i Paesi del Commonwealth scoprano di essere stati negli ultimi 66 anni non autentici monarchici, ma solo ferventi elisabettiani.