la Repubblica, 21 aprile 2018
Il pilota bambino che batteva Rossi. «Ma non lo invidio»
MONZA Marquez? No. Lorenzo, nemmeno. Gibernau, Biaggi: macché. Parola di papà Graziano: l’avversario più “duro” di Valentino Rossi, quello che il Doc ha maggiormente sofferto nella sua infinita carriera, è un altro. Si chiama Paolo ‘Tex’ Tessari. Oggi è un signore di 45 anni, moglie e due bambini: gestisce un ristorante in provincia di Monza, ha pure il diploma da sommelier. Usa lo scooter, la domenica sta a casa sul divano. Ma da ragazzo ha sfidato per anni Valentino, battendolo più di una volta. Un formidabile rivale, un amico inseparabile. Lo ha visto diventare uomo e campione. E racconta aneddoti sconosciuti: il Rossi che già da adolescente «si documentava su ogni avversario ed era meticoloso pure nel farsi la valigia», quello che «pensava due volte più veloce anche dei grandi», il biondino che «stava tutto il giorno in sella senza stancarsi mai», così geloso della loro amicizia «che con la mia fidanzata non si sono parlati per 2 anni, e in vacanza lui voleva venire a dormire con noi», un Dottorino tifoso della Sampdoria di Vialli e Mancini, «però io e Uccio l’abbiamo convinto a passare all’Inter, perché a Pesaro sarebbe stato solo come un cane».
Anche “Tex” ci ha provato, a prendersi un titolo: italiano, europeo, mondiale. «Ma arrivavo sempre secondo. Poi volevo metter su famiglia. Ho detto basta, senza rimorsi. Felice di tifare per il mio “fratellino” marziano». Mostra con orgoglio un orologio da comò: nel quadrante la foto di loro due in moto e una scritta: “1994… è solo l’inizio”. Era il 25 settembre, Tex e Vale si giocavano tutto all’ultima gara: «La notte precedente dormimmo nel camper, abbracciati: ognuno sognando di battere l’altro». Tessari pensava di avercela fatta, aveva preparato le magliette: “Tex, campione italiano”. Invece. «Mi superò all’ultima curva, e sulla maglietta scrisse a pennarello, bastardissimo: “Vice campione, per 10 centimetri”. Però ero contento lo stesso».
S’erano incontrati un anno prima al Mugello, Trofeo Ghiselli: “Pensavo: raccomandato, è figlio di Graziano e gli danno la moto migliore. Mi venne incontro: “Te sei Paolo Tessari, hai vinto nel ’91 a Vallelunga partendo dalla sesta fila col numero 21, la moto bianca e gialla”. Pareva un’enciclopedia. Simpatico». Inseparabili. «Aveva una vocina che mio nonno diceva, in dialetto: “Ma questo qui l’è un bagaj o una tusetta, un maschio o una femmina? Lui rispondeva a tono, facendolo ridere. Genuino, sveglio. Mai presuntuoso». Quella volta al Transilvania di Cattolica, una ragazzina che gli piaceva da morire non lo filava. «Allora mi avvicino, le dico: “Scriviti questo nome, Valentino Rossi”. Un giorno scoprirai che hai detto di no a un grandissimo». Quante gare, sognando di diventare campioni. «Ero bravo, gli tenevo testa. Ma si capiva, che era di un altro pianeta». Quando Rossi nel ’97 vinse il suo primo gp, al volante del furgone che lo portò a Brno c’erano mamma Stefania e Tex. «Quell’anno ho fatto vice-campione europeo, e un’altra volta all’ultimo mi ha fregato Melandri». Mai un istante di invidia, giura. «Ne vincevamo una a testa, ci volevamo
bene. Il problema era con Sara: mi ero fidanzato con lei nel ’90, oggi è mia moglie. All’inizio non si guardavano nemmeno». Ora, quando può, il Doc li va a trovare a Bovisio nel loro locale, il Cao’s. Fuori orario, le serrande abbassate a metà. «In questi anni credo abbia commesso un solo errore: quando in Malesia disse che Marquez s’era messo d’accordo con Lorenzo, e Marc gli fece perdere un decimo titolo già vinto. “Era un’ingiustizia, non ce l’ho fatta a star zitto”, mi ha spiegato”». Due settimane fa il catalano lo ha buttato giù. Chissà che succede domani a Austin. «Che maialata, Marquez. Normale lo fischino pure in Spagna. Un giorno potrà anche diventare missionario, ma non lo perdoneranno mai. È fortissimo ma non è sincero. A Vale ho scritto un messaggino: “Non mollare”. Farà così. Perché è sempre stato più intelligente di tutti. Il più grande. Un fratello».