Corriere della Sera, 21 aprile 2018
Sfide tra ristoranti e hotel: non sono più un semplice gioco
Ho seguito con attenzione una puntata di «4 ristoranti», il programma, basato sul format tedesco «Mein lokal, dein lokal» e condotto da Alessandro Borghese, e una di «4 Hotel», uno spin-off del precedente condotto da Bruno Barbieri. Lo scenario era quello delle Langhe, un posto che un po’ conosco, così ne ho approfittato (entrambi i programmi vanno in onda su Sky Uno e poi sono replicati su Tv8).
Devo dire che, dopo la visione, mi porto dietro una valigia di perplessità. «4 ristoranti» è ormai un programma di un certo successo, tanto che i ristoranti che vi partecipano possono segnalare con una decalcomania la loro impresa e registrano un consistente aumento della clientela.
Borghese è un bravo intrattenitore, anche se non lo chiamerei chef (chef per meriti televisivi, non di cucina). Per farla breve, Borghese ha fatto vincere un ristorante che è collocato nelle antichità romane di Alba (nelle Langhe vorrei vedere le colline, godere del paesaggio e gustare la cucina tradizionale: o sei il grande Enrico Crippa oppure datti da fare con i piatti del territorio), dopo aver sgridato la proprietaria per la salsa del vitel tonné e per come aveva stappato una bottiglia di vino (è un programma che affida al montaggio buona parte della sua scrittura).
Stesso discorso per «4 Hotel», basato sul medesimo format (4 albergatori si sfidano ospitando a turno i colleghi e ricevendone dei voti per location, camere, servizi, prezzo, ma il voto finale spetta al conduttore). Non so quanto Barbieri sia esperto di hôtellerie, ma il dubbio nasce dal fatto che gli alberghi erano disomogenei fra loro. Si andava da un hotel pretenzioso di Cherasco (che non è propriamente nelle Langhe) a una specie di B&B di Mango. Il risultato era scontato in partenza. Sono programmi che fanno promozione, non sono più un semplice gioco. Mi sarei aspettato una maggiore responsabilità organizzativa.