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 2018  aprile 21 Sabato calendario

Il debito pubblico va meglio

ROMA«Il debito pubblico si è pienamente stabilizzato nel corso del 2017, quando si è registrata una flessione, anche se piccola dopo la revisione dei criteri Eurostat. Nel 2018, però, ci attendiamo una riduzione importante». Lo ha detto ieri Davide Iacovoni, nuovo responsabile della Direzione generale del Debito pubblico del Ministero dell’Economia. Nel 2018 ci sono 30 miliardi di titoli pubblici da rinnovare in meno rispetto all’anno scorso: sono tra 390 e 400 miliardi di euro complessivi, di cui 240-250 nel segmento a medio e lungo termine. E con scadenze diffuse uniformemente nel corso dell’anno, senza picchi o concentrazioni eccessive.
La gestione non sta dunque dando problemi, semmai riservando sorprese positive. Nel primo trimestre ci si attendevano tassi in leggero aumento e mercati un po’ più nervosi, anche per le incertezze legate alla scadenza elettorale. Invece, ha detto Iacovoni, sul mercato primario dei titoli pubblici, all’emissione, «la domanda è sempre stata molto forte» anche sul tratto più lungo, e «le aste hanno sempre avuto esito positivo». Sul secondario, poi, «si registrano volumi in netta crescita rispetto al 2017». Grazie a questo andamento, nel primo trimestre la vita media del debito pubblico si è ancora allungata, passando da 6,9 anni a fine 2017 a 6,91 (6,76 nel 2016).
I tassi d’interesse, da parte loro, continuano a flettere invece di salire moderatamente, come nelle attese. Il costo delle emissioni della Repubblica, dopo aver toccato il livello più basso nel 2016 con una media dello 0,55%, ha toccato lo 0,68% nella media del 2017, ma nel primo trimestre è risceso a 0,62%. Il progressivo esaurimento del “quantitative easing” della Bce è già in corso («Già da gennaio Francoforte ha dimezzato gli acquisiti») e non fa immaginare scenari molto diversi dall’attuale
In questo quadro il Tesoro continuerà a puntare sull’allungamento della vita media, proponendo sul mercato nuovi titoli indicizzati all’inflazione, forse un ventennale, e la diversificazione degli strumenti, con l’emissione annunciata ieri stesso di un nuovo Btp Italia, destinato al pubblico retail, con una durata di otto anni, più lunga e più appetibile in termini di rendimento. Possibile anche il ritorno alle emissioni della Repubblica in dollari, un mercato dal quale siamo assenti dal lontano 2010.
Nel frattempo prosegue l’uscita progressiva del Tesoro dal settore dei derivati. A fine 2017 il valore nozionale dei contratti ancora in essere era di 128 miliardi di euro (circa 150 a fine 2016), e nel primo trimestre è sceso a 126. Il valore “mark to market”, quello attuale di mercato, è negativo per il Tesoro e fermo intorno a quota 31 miliardi. Le scadenze per esercitare le residue clausole per l’estinzione anticipata dei contratti saranno solo nel 2025 e nel 2036. Nel frattempo sta avanzando la collateralizzazione delle esposizioni, che per ora riguarda solo le maggiori, e dunque un numero limitato di banche. «Un processo che – dice Iacovoni – favorirà l’eliminazione delle clausole residue».