il Fatto Quotidiano, 20 aprile 2018
Via Chiatamone addio, “Il Mattino” dovrà trasferirsi
Secondo un ex componente del comitato di redazione de Il Mattino “è l’anticamera della chiusura”. Speriamo di no, ma per esprimere i propri sentimenti l’assemblea di redazione usa un verbo manzoniano: “Attonita per questa scelta”. Tutto è successo all’improvviso, nel pomeriggio del 18 aprile, anche se i rumors si inseguivano da almeno due anni: il capo dell’amministrazione Massimo Garzilli ha convocato il Cdr per informarlo che entro gennaio la sede del giornale verrà trasferita da via Chiatamone al Centro Direzionale, quasi certamente in un altro immobile di proprietà dell’editore, Torre Francesco. L’editore è il costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone e la decisione è l’epilogo di una politica di tagli, ridimensionamenti dell’organico, prepensionamenti e cassa integrazione a rotazione, che di fatto hanno impoverito il principale e più autorevole quotidiano napoletano fino a trasformarlo in una sorta di succursale de Il Messaggero, il giornale di punta del gruppo, con sede a Roma. Nel 2009, quando dichiarò il primo stato di crisi, il Mattino contava oltre 100 giornalisti. Oggi arriva a stento a una sessantina e le vendite in edicola sarebbero scese sotto le 30.000 copie, peraltro vendute a 1.20 euro. Poche settimane fa ha prepensionato due tra le sue firme più prestigiose, Pietro Treccagnoli e Rosaria Capacchione, la cronista di giudiziaria che vive sotto scorta per le minacce del clan dei Casalesi, che era appena rientrata in organico dopo l’esperienza da parlamentare Pd. Capacchione ha così iniziato a collaborare su testate web, l’Huffington Post e Fanpage. La scelta di ‘sfrattare’ il Mattino dall’immobile di via Chiatamone, che si trova a pochi metri da Chiaia e dal lungomare liberato, è forse funzionale a ridestinarne i locali in usi più remunerativi. Tre anni fa Iustitia, un sito ben informato sul mercato giornalistico-editoriale locale, anticipò il trasferimento del Mattino al Centro Direzionale ipotizzando a Napoli un’operazione simile a quella già compiuta a Roma al piano terra del Messaggero: utilizzare il piano terra di via Chiatamone per una attività commerciale (a Roma ci aprirono un negozio di valigie di lusso). Ma con il trasferimento del Mattino dal salotto buono di Napoli “si mette in discussione la centralità sia geografica che culturale del quotidiano, e quindi il suo rapporto con la città”, si legge nella nota dell’assemblea di redazione che dichiara all’unanimità lo stato di agitazione permanente. Ieri però sulle agenzie non si è letta nessuna voce delle istituzioni locali a difesa della storia de Il Mattino, che si è radicato a via Chiatamone nel 1962, una sede diventata nel tempo un punto di riferimento stabile nel dibattito culturale e politico campano. Non ha parlato nemmeno Luigi de Magistris, il sindaco che ha con Caltagirone un rapporto conflittuale che deriva dagli interessi dell’editore nell’ex area industriale di Bagnoli, dove si è consumato un durissimo scontro tra il sindaco e il governo Renzi sulle colpe della mancata bonifica e sul commissariamento. Tutto questo accade mentre Caltagirone fa la spesa in borsa ed è salito al 4% di Generali.
Intanto dal Veneto rimbalzano altre notizie di tagli in uno dei giornali del gruppo, Il Gazzettino. Dal 13 aprile una trentina di collaboratori della testata fondata nel 1887, corrispondenti da Belluno, Venezia, Pordenone e Rovigo, hanno smesso di scrivere per protesta contro la decisione dell’editore di ridurre i pagamenti del 10, 15%, innalzando a 4000 battute la soglia per ottenere il compenso massimo per un articolo: 19 euro. Piccoli segnali, meno gravi di quelli che arrivano da Napoli. Ma indicativi dei ‘disinvestimenti’ del gruppo Caltagirone nel segmento editoriale.