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 2018  aprile 19 Giovedì calendario

L’Accademia della Crusca non vale più una cicca

I linguisti del gruppo Incipit, che lavorano per l’Accademia della Crusca, hanno bocciato senza mezzi termini i documento ufficiale emanato dal MIUR, Siilabo per la scuola secondaria di secondo grado, redatto in una lingua ibrida, farcita di anglicimi inutili come team-building, pitch day, design thinking, ecc... Il documento, si osserva, «più che un’educazione all’imprenditorialità, sembra promuovere un abbandono sistematico della lingua italiana e delle sue risorse nei programmi formativi delle forze imprenditoriali del futuro pare una sorta di contraffazione paradigmatica della cultura e del patrimonio italiano: è così che si vogliono promuovere e valorizzare le eccellenze italiane, il Made in Italy?». È la prima volta che in questo inizio di secolo la Crusca fa sua una posizione così netta nei confronti degli anglicismi e ciò si deve indubbiamente ai valorosi linguisti di Incipit. Putroppo si tratta di un appello tardivo ed anche inutile, essndo la Crusca non solo priva di “poteri decisori”, come osservava Giovanni Nencioni nel 1990, ma anche di quella influenza che ebbe in passato, quando l’italiano era una lingua fondamentalmente scritta. Nata ufficialmente nel 1585, ad opera di Leonardo Salviati e sotto l’egida di Cosimo de’ Medici, l’Accademia fu presto imitata in tutt’Europa da quegli Stati e da quelle nazioni che intendevano promuovere la loro lingua. Nella situazione preunitaria la Crusca ebbe una funzione, per così dire, patriottica: fu la culla del purismo, che non era quello che si crede o si credette nell’Ottocento. Si deve al purismo infatti se si è preservato un patrimonio linguistico plurisecolare. Si deve al purismo se l’italiano prima dell’unità ha potuto sopravvivere alla forte divisione dialettale e politica. 
LA RISPOSTA AL LETTORE 
Fino agli anni 90 grazie al suo presidente, Giovanni Nencioni, la Crusca tenne fermi i propri fini statutari. Basterebbe leggere la sezione Quesiti e risposte del periodico La Crusca per voi (12, 1996) per renderse conto. Ecco la risposta di Nencioni ad un lettore: «Il signor (...) pensa che solo una “nuova classe dirigente colta e sensata” potrà correggere, nel popolo italiano, quella che egli chiama mancanza di dignità nazionale, deplorando il superfluo uso di ticket per “biglietto, tagliando, contributo”(...) check per “controllo” e altre voci (...)Apprezziamo l’indignazione del signor (...), ma dobbiamo confessare che finora i tentativi fatti per interessare concretamente gli organi governativi alle sorti della lingua nazionale non hanno avuto successo, benchè sia stato chiesto un interessamento non coattivo ma consultivo ed educativo, soprattutto mediante la fondazione di un osservatorio neologico per la terminologia tecnica (spesso prodotta senza alcun riguardo alle strutture della lingua nazionale) e mediante una particolare attenzione, nella scuola, al valore di identità culturale che la lingua possiede». Successivamente alla presidenza Nencioni accadde l’inevitabile. La Crusca si allineò presto alle nuove tendenze antinormative, senza proferire verbo sui tentativi di ridialettizzazione del nostro Paese, a cui si assistette con la promulgazione della Legge 15 dicembre 1999, n.482; e giunse persino ad avversare il mai costituito Consiglio Superiore della Lingua Italiana. 
CAMPO DI FORZE 
Oggi la Crusca sembra resipiscente. Ma quale incidenza può avere su una situazione che è andata sempre più peggiorando? Le fonti dell’anglicizzazione sono molteplici ed invasive: l’economia, la pubblicità, l’informatica, la musica leggera, i mezzi di informazione, a cui si aggiunge, ahimè, la stessa amministrazione, come dimostra ampiamente il Sillabo
E su questo “campo di forze” che bisogna agire per invertire la rotta ed è evidente che solo una classe politica consapevole può cimentarsi nell’impresa. 
L’italiano è diventato, bene o male, una lingua di massa, mettendo tra parentesi le proprie origini letterarie, e in queste condizioni solo un organismo governativo sul modello di quello operante in Francia (l’Istituto Superiore della Lingua Francese) può esercitare la necessaria “persuasione morale”. Ma non mi pare che l’attuale classe dirigente, quale che essa sia, abbia a cuore le sorti della nostra lingua. La coscienza nazionale è latitante e con essa la lingua. Inoltre, la Crusca -come molte altre stanche istituzioni dello Statoè servita sempre più spesso ad imbrancare politici o accademici «d’area» rimasti ai margini della carriera politica. A questo punto, seppur con sommo rammarico della lingua italiana, e di linguisti come il sottoscritto, un’Accademia della Crusca così, meglio chiuderla.