la Repubblica, 20 aprile 2018
L’amaca
Tocca dire una cosa sgradevole, a proposito degli episodi di intimidazione di alunni contro professori.
Sgradevole ma necessaria.
Non è nei licei classici o scientifici, è negli istituti tecnici e nelle scuole professionali che la situazione è peggiore, e lo è per una ragione antica, per uno scandalo ancora intatto: il livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle parole, di rispetto delle regole è direttamente proporzionale al ceto sociale di provenienza. Cosa che da un lato ci inchioda alla struttura fortemente classista e conservatrice della nostra società (vanno al liceo i figli di quelli che avevano fatto il liceo), dall’altro lato ci costringe a prendere atto della menzogna demagogica insita nel concetto stesso di “populismo”.
Il populismo è prima di tutto un’operazione consolatoria, perché evita di prendere coscienza della subalternità sociale e della debolezza culturale dei ceti popolari.
Il popolo è più debole della borghesia, e quando è violento è perché cerca di mascherare la propria debolezza, come i ragazzini tracotanti e imbarazzanti che fanno la voce grossa con i professori per imitazione di padri e madri ignoranti, aggressivi, impreparati alla vita. Che di questa ignoranza, di questa aggressività, di questa mala educación, di questo disprezzo per le regole si sia fatto un titolo di vanto è un danno atroce inferto ai poveri: che oggi come ieri continuano a riempire le carceri e i riformatori.