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 2018  aprile 19 Giovedì calendario

«Non più alti di 180 metri». Il tetto della Cina ai grattacieli

PECHINO Entro la fine di quest’anno il mondo avrà altri 230 super-grattacieli alti almeno 200 metri, che superano i 40 piani. E il 60 per cento delle nuove creature d’acciaio e cristallo saranno in Cina, il Paese-continente che guida la crescita dell’economia mondiale e delle megalopoli. Ma ora Pechino ha deciso di frenare la corsa verso il cielo: nella zona di Guomao, il Central Business District della capitale, verrà imposto il tetto a 180 metri e numerosi costruttori stanno già rivedendo i progetti. La mossa, secondo il South China Morning Post, si inquadra nel piano per limitare la densità della popolazione e fermarla intorno ai 22 milioni di abitanti.
Però, prima della restrizione, sarà completata entro pochi mesi la torre China Zun, che con i suoi 108 piani e 528 metri di altezza diventerà il nuovo simbolo di grandezza della capitale imperiale cinese. Ha la forma di un recipiente da vino, «zun» in mandarino, usato anticamente nei rituali e che simbolizza rispetto. L’ha commissionata Citic Group, società di investimenti pubblici.
Da agosto mancano solo i vetri degli ultimi piani, un lavoro di routine con le tecniche moderne, ma stranamente Citic non ha organizzato una festa quando è stato piazzato il tetto, come invece si usa. Non sono state date spiegazioni e China Zun ha evidentemente subito qualche rallentamento, per mesi le gru si sono bloccate su quegli ultimi metri di scheletro in acciaio e cemento da chiudere. Si dice per timori di sicurezza. Quali? Secondo le voci, il problema è la terrazza panoramica con vetrate dal pavimento al soffitto disegnata dallo studio americano Kohn Pedersen Fox Associates per godere della vista di Pechino (almeno nei giorni risparmiati dallo smog). Da quel posto di osservazione si vedrebbe distintamente la meraviglia della Città Proibita, distante meno di nove chilometri in linea d’aria. E questo sarebbe il problema: accanto alla Città Proibita diventata museo, il governo comunista dal 1949 ha stabilito la sua cittadella del potere. Si chiama Zhongnanhai, che significa «Mari centrale e meridionale» per i laghetti che contiene. 
Mao scelse di stabilire a Zhongnanhai la sede del comprensorio governativo, con uffici e residenze, perché in quel 1949 radioso non voleva che la Rivoluzione comunista si confondesse troppo con il vecchio impero. Da allora comunque la cittadella è stata impenetrabile, chiusa agli sguardi indiscreti. Salendo in cima al China Zun, si potrebbe sbirciare, muniti di binocolo si coglierebbe forse qualche movimento. 
Pare che nelle ultime settimane siano stati studiati accorgimenti per garantire la privacy di Xi Jinping e compagni: una pellicola scura sulle vetrate.
Al netto degli accorgimenti di sicurezza che ossessionano il potere e del nuovo piano regolatore di Pechino, a Shanghai l’anno scorso è stata aperta a Pudong la torre più alta della Cina, 632 metri con l’antenna a guglia. La Shanghai Tower, 128 piani a forma di cilindri sovrapposti che ospitano fino a 16 mila persone al giorno tra uffici e un grande hotel, verrà presto superata da altri quattro grattacieli a Wuhan, Chengdu e Suzhou. Che per quanto riguarda la forma dovranno adeguarsi alla direttiva di Xi Jinping contro «l’architettura smisurata, esterofila, stravagante, priva della grande tradizione culturale cinese».
Ma intanto, la corsa verso il cielo prosegue nel mondo: in questo 2018 il numero di super-grattacieli oltre i 200 metri raggiungerà i 1.500, il triplo rispetto al 2008, l’anno in cui esplose la crisi finanziaria con il crollo di Lehman Brothers. E nel 2026, se i progetti non saranno cancellati, la Cina avrà più torri al di sopra dei 150 metri di ogni altro Paese della terra: 1.318. Gli Stati Uniti ora ne contano 533 contro le 470 cinesi, ma nei prossimi dieci anni ne dovrebbero aggiungere solo una trentina. Un altro record destinato a passare alla Repubblica popolare cinese.