Corriere della Sera, 19 aprile 2018
Giù la maschera
Nelle immagini riprese a bordo dell’aereo americano dopo lo scoppio di un motore in volo, non un solo passeggero indossa la maschera dell’ossigeno come si deve. Tutti la tengono premuta sulla bocca, ma lasciano all’addiaccio il naso, che pure rimane la principale fonte di respirazione secondo i trattati di medicina. Almeno fino a quando qualche esperto del web non li smentirà, attribuendoli a un complotto dei fabbricanti di spray contro il raffreddore. Chissà quante volte nel corso della loro vita i passeggeri di quel volo avranno onorato di uno sguardo distratto i gesti solenni e ripetitivi delle hostess al decollo, mentre la voce registrata ripeteva le istruzioni corrette («la maschera va applicata sulla bocca e sul naso») nel disinteresse generale, condito da un certo fastidio per il sapore vagamente iettatorio della scena. Ma il giorno in cui l’emergenza è arrivata, la paura e l’ignoranza li hanno indotti a tenere un comportamento obiettivamente stupido. Non li giudico. Avrei potuto essere uno di loro, e mi rispecchio nell’ottusità di cui hanno dato prova nel momento del pericolo. Sono gli ambasciatori di un’umanità saccente, quella dell’era social, dove tutti parlano e nessuno ascolta, ma chiunque si sente in diritto di insegnare agli altri qualcosa che non sa e che non ha alcuna intenzione di imparare. Poi una maschera dell’ossigeno ti cade davanti agli occhi e non sai come prenderla, mentre come sempre pensi solo a con chi prendertela.