Il Sole 24 Ore, 18 aprile 2018
Il Qatar costretto a far cassa per tenere in piedi le banche
Dubai
Il confine dell’Arabia e Qatar si limita a un cartello stradale blu, in arabo e inglese che recita «Welcome to Qatar», lungo una diritta e assolata striscia d’asfalto. Tutt’intorno solo sabbia e caldo, una tundra piatta e gialla. Ma in questo remoto angolo della penisola arabica, la geografia è a rischio di stravolgimento e potrebbero addirittura dover cambiare i mappamondi: i sauditi hanno intenzione di scavare un canale di 80 chilometri per isolare, fisicamente, il Qatar, paese arabo accusato dagli stessi cugini e confinanti di supportare gli estremisti islamici (e dunque indirettamente il terrorismo internazionale): il principe ereditario Mohammed Al Saud vorrebbe trasformare il Qatar in un’isola artificiale.
Provocazione estrema nell’escalation di isolamento che i paesi del Golfo stanno stringendo attorno a Doha, il canale riporta la memoria indietro di millenni quando Serse, il Re di Persia, cercò di costruire un canale per tagliare l’Ellesponto, penisola del nord del Mar Egeo, e attaccare i greci di sorpresa. Fallì la sua spedizione contro Atene e i Greci dicevano che era colpa della hybris, la tracotanza: chi osava sfidare gli Dei veniva punito.
Anche il Qatar è una penisola, una sorta di dito che si insinua nel Golfo Persico dalla penisola arabica: se Mohammed, come Serse, decidesse di costruire un canale sul confine, il paese sarebbe tagliato fuori da ogni collegamento terrestre. Ma a Doha, la capitale del paese, ci sono ben altre preoccupazioni di quelle orografiche. L’isolamento fisico è forse il male minore rispetto ai danni economici che il paese inizia ad accusare. L’embargo sta prosciugando le casse dell’emiro Al Thani: per la prima volta da due anni il Qatar ha emesso titoli di Stato in dollari. I bond sono di fatto debito che si vende sul mercato: quando il petrolio veleggiava a 100 dollari e il paese non era stato messo nella «Lista Nera» degli Stati, non c’era bisogno. Ora invece il paese chiede al mercato 12 miliardi, il bond più imponente dei paesi del Golfo. E proprio nel prospetto informativo si apprende una notizia ancor più dirompente: il Qatar sta vendendo pezzi di argenteria estera per sostenere le sue banche domestiche. La Qatar Investment Authority (Qia), il fondo sovrano del paese, uno dei più grandi al mondo, ha ritirato 20 miliardi di dollari che erano in fondi internazionali per rimpolpare le casse degli istituti di credito nazionali.
«Negli incontri riservati con i paesi esteri, gli arabi dicono di voler strangolare il Qatar» rivela un diplomatico di lungo corso che chiede l’anonimato. E a giudicare dalle ultime mosse, pare sia proprio così. Già lo scorso giugno quando scoppiò la crisi diplomatica, il fondo sovrano corse in aiuto delle banche nazionali perché i creditori sauditi, emiratini e del Bahrain avevano insistito per ritirare i loro fondi parcheggiati nelle banche del Qatar. Secondo un documento visionato dall’agenzia Bloomberg almeno 30 miliardi di depositi, intestati a cittadini esteri, hanno lasciato il paese. Le banche di Doha si trovano a corto di raccolta. Come fare per evitare una crisi di liquidità del sistema bancario nazionale? Facendo cassa, smobilizzando asset detenuti all’estero. Qia ha partecipazioni in decine di gruppi internazionali dal gigante delle materie prime Glencore fino alla banca inglese Barclays. In Italia, il Qatar ha costruito una galassia: è proprietario dei grattacieli di Porta Nuova, la «Manhattan» di Milano sviluppata dalla Coima di Manfredi Catella, dove ha anche sede Unicredit (di proprietà però del fondo Aabar di Abu Dhabi); del rinato Hotel Gallia sempre a Milano, del Grand Hotel Excelsior a Roma (quello con la suite dotata di cinema privato); della Costa Smeralda in Sardegna (con i suoi hotel super lusso Pevero Golf Club, Romazzino e Cala di Volpe) e dell’ospedale Mater Olbia; della neonata compagnia Air Italy (nata dalle ceneri di Meridiana ora tutta di proprietà della Qatar Airways). Inizierà anche in Italia una vendita forzata? Già il mese scorso il Qatar ha venduto la sua quota in Veolia Environnement, il colosso francese dell’ambiente, per 622 milioni di dollari e in precedenza aveva limato le quote in Tiffany e nella banca svizzera Credit Suisse. Un medesimo destino potrebbe toccare alla fitta rete italiana di investimenti? Per ora non se ne vede traccia, anzi in Italia il Qatar per ora continua a investire: proprio nei giorni scorsi Air Italy ha annunciato che in autunno decolleranno voli da Milano a Mumbai. È la prima volta che una compagnia italiana fa un volo diretto per la città indiana (nemmeno l’attivissima Alitalia della gestione commissariale ha fatto tanto).