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 2018  aprile 18 Mercoledì calendario

Il blocco anglo-americano sulle attività estere di Zte

Shenzhen
«Benvenuti. L’incontro di oggi è per noi importante, per mostrarci ancora meglio all’esterno e come ulteriore testimonianza della nostra apertura». Fan Xiaobing, responsabile marketing globale e soluzioni commerciali per Global Sales & Services di Zte, esordisce così in occasione del meeting programmato con la stampa nella giornata di lunedì. Parole che vogliono essere sinonimo di apertura, ma che finiscono per cadere in un momento molto particolare: solo qualche ora prima dell’uno-due di Usa e Uk contro l’azienda.
Giornata non facile quella di ieri per la società cinese delle telecomunicazioni in cui – chiariscono Xiaobing e il presidente Western Europe e ceo di Zte Italia, Hu Kun – l’Italia è vista come un mercato strategico in cui poter crescere. Investimenti programmati nel Paese: 3 miliardi in 6 anni, a partire dal 2017.
Vuole crescere a livello globale Zte. Ci sta provando, «grazie ai due driver: innovazione e servizio e forti di una spesa in R&D al 12% dei ricavi netti» e forte di un giro d’affari che nell’ultimo anno è salito del 7,5%, poco sopra i 14 miliardi di euro (108,82 miliardi di renminbi). Tentativi fatti confidando nella spinta del 5G visto come driver di crescita, ma anche come strumento principe per tentare di insidiare quel primato nella costruzione di reti che ora è nelle mani di Huawei. Entrambe aziende cinesi, entrambe con headquarter a Shenzhen: in quella zona del Guangdong poi diventata una sorta di “Silicon Valley”. Un’area tuttora in trasformazione, dove la manifattura spicciola sta lasciando spazio alla ricerca e sviluppo. E questo innanzitutto per volontà del Governo.
Ma è proprio in questo territorio, finora fuori dai radar della politica mondiale, che le dinamiche geopolitiche hanno preso a misurarsi, con Cina e Stati Uniti a darsi battaglia con l’obiettivo ultimo della supremazia tecnologica che proprio nelle reti di tlc ha il suo terreno d’elezione.
Non è il primo colpo, ma quello arrivato dagli Usa – e che ha avuto come bersaglio Zte – si è fatto sentire. Il Dipartimento del Commercio ha deciso di vietare per 7 anni alle aziende Usa di fare affari con Zte, accusata di aver disatteso un accordo per chiudere una vicenda legata alla violazione dell’embargo in Iran e Corea del Nord. Era stata patteggiata una multa da 1,19 miliardi di dollari, ma per gli Usa gli executive ai tempi della violazione sarebbero stati premiati invece del licenziamento. Le ripercussioni in Borsa (dove Zte è quotata a Hong Kong e Shenzhen) non si sono fatte attendere con un titolo sospeso per eccesso di ribasso dopo la notizia ma anche dopo le pressoché contemporanee indiscrezioni apparse sul Ft secondo cui anche Uk ha lanciato una forte allerta attraverso il National Cyber Security Centre (Ncsc), l’agenzia governativa per la cybersicurezza, invitando gli operatori a evitare di stringere accordi con il player cinese per «rischi potenziali per la sicurezza nazionale».
Immediata e secca la nota con cui il Governo cinese ha annunciato di essere pronto a proteggere «i diritti legittimi» delle proprie società e con la quale ha chiesto agli Usa di affrontare la questione «in accordo con le leggi e i regolamenti». L’azienda dal canto suo ha preso tempo lasciando di fatto spazio al Governo e ribattendo solo che sta «valutando tutte le possibili implicazioni che questo evento avrà sul gruppo e sta attivamente comunicando con le parti terze coinvolte per poter replicare in modo congiunto». Certo è che per i fornitori, Qualcomm come Oclaro, come Acacia Communications potrebbe aprirsi un problema non da poco.
La chiave interpretativa va però indubbiamente cercata nella guerra commerciale fra le due prime economie del mondo, con il tema della sicurezza che continua a far salire la temperatura, utilizzato, come in Uk, come casus belli. Certo, il corpo a corpo si fa sempre più duro. La Fcc Usa ha deciso all’unanimità di dare l’ok a nuove regole per impedire l’uso di fondi governativi per acquistare attrezzature o servizi da società minaccia per la sicurezza nazionale. Huawei dal canto suo sta portando avanti un programma di ridimensionamento negli Usa. Zte invece dovrà ora fare i conti con questa nuova sanzione. «Siamo un’azienda in cui più del 50% dei nostri ricavi viene dall’estero. Un’azienda partita dalla Cina ma internazionale» ha spiegato Xiaobing durante il meeting. “Ban” degli Usa permettendo.