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 2018  aprile 18 Mercoledì calendario

«Offro lavoro ma i ragazzi lo rifiutano per non fare il turno di notte»

PADOVA «Se fosse un hotel, la mia azienda avrebbe cinque stelle: i collaboratori hanno a disposizione pure barbiere, massaggiatore e psicologo, una lunga serie di benefit. Il posto è sicuro. Eppure non trovo personale: da quasi tre mesi ho 25 posizioni aperte, ma solo 4 hanno accettato l’offerta di un lavoro a tempo indeterminato.
Cascano le braccia e si capisce perché l’Italia farà sempre più fatica a mantenere il suo peso sulla scena globale». Nemmeno allo stampatore di Harry Potter, nel Veneto del ritrovato boom produttivo, riescono le magie.
Fabio Franceschi, 49 anni, presidente di Grafica Veneta, secondo gruppo tipografico europeo e primo assoluto in Italia, per la prima volta in trent’anni non riesce a ingrossare le fila dei suoi 500 dipendenti.
Il caso del colosso di Trebaseleghe esplode dopo la denuncia raccolta dal Mattino di Padova, mentre a Bassano del Grappa la storica scuola per falegnami rischia di chiudere per mancanza di iscritti. Nel Nordest la crisi economica è alle spalle, ma di fronte c’è l’emergenza manodopera. «Oggi – dice Franceschi a Repubblica – hanno chiamato in sei e li abbiamo presi subito. Ma il problema resta, gli imprenditori sono preoccupati: se non trovi operai gli impianti restano fermi, devi rallentare gli investimenti e perdi i mercati.
Evidentemente i giovani non hanno la fame e la rabbia di cui si parla. Vogliono la scrivania, oppure preferiscono farsi mantenere dalla famiglia».
Eppure, fino a ieri, Grafica Veneta per un disoccupato era un miraggio: oltre 150 milioni di euro di fatturato e 400 milioni di libri stampati all’anno, 200 case editrici internazionali, da Harper Collins ad Hachette come clienti, 20 tir in uscita al giorno per le spedizioni. «Già siamo massacrati da burocrazia e tasse – dice Franceschi – ma se ora scopriamo che non c’è più gente disposta a lavorare, la competitività del Paese è davvero al capolinea».
Quali condizioni offre per i posti di lavoro che non riesce a coprire?
«Assunzione a tempo indeterminato, stipendio netto tra 1.200 e 1.500 euro al mese, nessuna competenza particolare e formazione a carico dell’azienda.
In un mondo normale un disoccupato accetterebbe, qui no».
Perché i candidati rifiutano?
«Il capo del personale non sa spiegarselo, nella nostra azienda tutti sanno che non si viene assunti, ma accuditi come figli. Il problema è che stampiamo libri e riviste 7 giorni su 7 e 24 ore al giorno: una volta alla settimana tocca fare il turno di notte, raramente capita di lavorare nel fine settimana. Così chi si presenta dice che ci deve pensare, o che ha altri impegni: la realtà è che la fatica spaventa, che si preferisce stare a casa e aspettare un lavoro comodo da fare via Internet».
Quali conseguenze può avere per lei l’impossibilità di assumere?
«Ho appena finito di montare una rotativa di nuova generazione che è costata 10 milioni di euro e che così resta ferma. È altamente robotizzata, ma per funzionare richiede comunque la presenza di operai. Per il 2018 abbiamo previsto altri investimenti nell’industria 4.0, ma se poi nessuno ci lavora è inutile. Non tenere il passo della concorrenza straniera significa perdere i mercati esteri, gli unici in crescita».
Il 4 marzo non è stato eletto nelle liste di Forza Italia, per candidarsi era uscito dall’azionariato del “Fatto Quotidiano”: la sua è una denuncia politica?
«Per carità, la disponibilità offerta a Silvio Berlusconi non c’entra. Io sono un imprenditore, sono nato povero, e se in Italia non trovo operai per far crescere l’azienda denuncio un’emergenza di cui nessuno parla. Però è vero che quando sento il Movimento 5 Stelle parlare di reddito di cittadinanza mi viene da ridere: se lo Stato dà mille euro al mese a un disoccupato per non fare niente, chi accetterà di lavorare tutta la settimana per 1.200? Nel Nordest l’incubo manodopera è già una realtà».
Dopo la sua denuncia, hanno subito chiamato in sei: è certo di aver seguito i canali giusti per cercare operai?
«Si rende conto di cosa significa per un’azienda che esporta in tutto il mondo ricevere solo sei telefonate di disponibilità a un colloquio di lavoro, dopo che in tre mesi siamo riusciti a trovare solo quattro operai, rispetto ai 25 che ci servono? Un disastro. Le abbiamo tentate tutte, dalle agenzie interinali agli annunci a pagamento, dal passaparola dei dipendenti alle chiamate dirette fatte dal capo del personale. Per questo mi chiedo che razza di Paese è quello in cui giustamente si denuncia il cancro disoccupazione, ma poi chi non ha un lavoro rifiuta un’assunzione pur di non fare un turno di notte a settimana».
In Veneto la disoccupazione è al 5,9%, nel resto d’Italia all’11,1%: non è che qui proprio non ci siano giovani in cerca di lavoro?
«Può essere, sono tutti laureati e vanno all’estero, ma se è così va aperta subito una riflessione nazionale. I distretti industriali non possono essere abbandonati e pure la questione-immigrati merita un ripensamento. Se alcune zone d’Italia non trovano operai, la politica ha il dovere di occuparsene».
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MICHELEBORZONI/ TERRAPROJECT/ CONTRASTO