Corriere della Sera, 18 aprile 2018
Arianna, la mamma poliziotta entra nel Reparto mobile. «Niente social, amo l’azione»
Milano Arianna Amadori, 43 anni e due figli, veneto-romagnola, fino a ieri artificiere e da oggi una delle prime dieci donne della polizia (e della storia d’Italia) impiegate nel Reparto mobile, ama l’operatività. Anche quando può capitare, come le capitò a Palermo, di arginare una protesta di disoccupati in un quartiere mafioso e venir cosparsa di benzina perché dovevano morire bruciati lei e tutti gli «sbirri». Se la cavò allora e se la caverà da metà maggio quando a Milano, dove lavora, entrerà ufficialmente in organico. Prima ci sarà il periodo di formazione: non una passeggiata specie per l’allenamento intenso, che però non la spaventa: «Se non fossi già pronta fisicamente, neanche mi sarei proposta».
Pratica. E semplice. Per dire, dal suo punto di vista non «vede» la notizia nel senso che il progressivo e allargato impiego delle donne «è un processo fisiologico da giudicare sia nella sua pienezza sia nelle risposte concrete che daremo singolarmente. Io e le colleghe abbiamo presentato domanda per entrare nel Reparto mobile. Siamo consapevoli e motivate». Non dunque uno spot, come ha ripetuto il capo della polizia Franco Gabrielli, il quale ha aggiunto che le prescelte non saranno «suffragette» e sono state valutate in base a dirimenti requisiti e anche, tornando all’argomento di prima, alla «resistenza».
Amadori non è stata pescata a caso giusto per «legittimare» le quote rosa. Dopo Palermo è stata a Napoli e lì, ugualmente, se c’erano l’occasione e il bisogno andava in strada. Senza paura. O meglio: «Come mi raccomando coi figli, un pizzico di paura è necessaria. Salva la vita. Paura intesa come concentrazione. Mai la boria, mai la leggerezza. Ora, non vorrei sembrare una professoressa: non lo sono, ho parecchio da imparare, ma resto convinta che la forza del Reparto mobile sia la squadra e che una donna in determinate situazioni possa aiutare. Per la nostra empatia, per la possibilità che un manifestante, magari sì e magari no, abbia un’esitazione prima di passare all’attacco nel vedere davanti a sé una donna. Che può essere sua moglie, sua sorella, sua mamma».
Parentesi necessaria: la gestione dell’ordine pubblico non è prerogativa maschile, soprattutto Milano conta in prima fila funzionarie esperte. Ma il Reparto mobile, a quell’ordine pubblico prevalentemente votato, è un altro tema. Esaurita la parentesi, ascoltiamo di nuovo la poliziotta: «Ci sono stati periodi nei quali ho dovuto compiere delle scelte e cercare di orientare le ambizioni di carriera nel rispetto di altre priorità, com’era stata la crescita dei bimbi. Nessun rimpianto, per formazione famigliare e approccio all’esistenza io non campo di rimpianti e preferisco evitare l’abitudine alla lamentela. Guardo avanti».
Ecco, nell’immediato orizzonte ci saranno le sfide del Reparto mobile. Sfide che, contrariamente a un diffuso immaginario collettivo, non si svolgono soltanto negli stadi ma sono con frequenza calate nella quotidianità e nei suoi problemi: gli appartamenti popolari occupati, i palazzi fortini dell’illegalità dove convivono prepotenti e disgraziati, la delinquenza come scelta e la delinquenza come conseguenza. «Non sto su Facebook ed evito tutti i social network: preferisco il confronto diretto con la realtà. E preferisco l’azione». Che non implica scenari da avventuriera: ieri non è stato facile parlare con Arianna Amadori, impegnata in rapida sequenza e in misura ogni volta totalizzante sul lavoro, con i figli, a un corso d’aggiornamento, in piscina. Per tacere della richiesta d’una fotografia: «Sul serio, ma è davvero proprio fondamentale?».