Gazzetta dello Sport, 18 aprile 2018
Mattarella si prepara al pre-incarico
Secondo quelli che se ne intendono, Mattarella affiderà oggi un pre-incarico, probabilmente alla presidente del Senato Elisabetta Casellati. Il 18 aprile è un buon giorno, settant’anni fa si svolsero le prime elezioni politiche del dopoguerra.
• Veda, siamo entrati nella fase in cui tutto si oscura. Che cos’è un preincarico e che differenza c’è con un incarico vero e proprio?
Il sistema delle consultazioni, cioè incontrarsi una volta alla settimana al Quirinale, non ha dato alcun frutto, anzi il secondo giro di Mattarella ha dimostrato che la distanza tra le varie posizioni si è allungata, invece di accorciarsi. A quanto pare ci vuole un lavoro più intenso per mettere d’accordo tutti, mi verrebbe da dire un lavoro «corpo a corpo», se la probabile designata non fosse una signora alla quale non è bene attribuire la volontà di esercitarsi in un «corpo a corpo». Il pre-incaricato è in definitiva un mediatore, parla con tutti riservatamente, cioè senza compromettere nessuno, e cerca la via attraverso cui si può mettere in piedi una maggioranza e un governo. Il pre-incaricato è tale perché sa fin dall’inizio che molto probabilmente non sarà lui a entrare a Palazzo Chigi. Per questo è assai probabile la chiamata della presidente (o presidentessa) del Senato, cioè di una figura istituzionale che, qualunque sia stato il suo passato politico, è terza per definizione.
• Va bene, Mattarella preincarica (mettiamo) la Casellati e la Casellati poi che fa?
Si sbriga a chiarirsi le idee, lavorando giorno e (ehm) notte, e quando se le è chiarite, torna al Colle e riferisce. «Guarda, presidente che si può fare questo, ma non questo» eccetera. Secondo quelli che se ne intendono, il pre-incarico è soltano un espediente per arrivare al governo tecnico o istituzionale o del presidente o di tutti, quattro espressioni che significano la stessa cosa.
• Che cosa?
Il presidente del consiglio non sarà né Di Maio né Salvini né la Casellati (il cui passato di berlusconiana di ferro, in questo caso, peserebbe), ma una figura di alto profilo, forse eletta e forse no, che non troverà un ostacolo pregiudiziale tra le forze politiche, sarà cioè in qualche modo «indiscutibile», e a cui daranno il sostegno in qualche modo tutti quanti. Mattarella avrebbe già in testa il nome e lo avrebbe già concordato con i partiti. Badi, non lo dico io, ma quelli che se ne intendono.
• Un altro governo Monti.
Sì, con la differenza che alla fine del 2011, quando si insediò Monti, la situazione delle finanze pubbliche era gravissima. Oggi lo è un po’ meno. L’Indiscutibile avrà il tempo di varare una finanziaria da una trentina di miliardi di euro, senza che i partiti perdano la faccia (forse), e poi di varare una legge elettorale concordata con premio di maggioranza alla lista secondo meccanismi che la Consulta non potrà contestare. Il premio di lista, a questo punto, va benissimo anche a Salvini, dato che obbligherà (forse Berlusconi) a rinunciare alle sue mimiche.
• Indizi che ci stiamo veramente avviando su questa strada?
Parecchi. Il reggente dem Maurizio Martina ha avanzato una proposta di programma molto di sinistra. «Allargare il reddito di inclusione per azzerare la povertà assoluta in tre anni e potenziare le azioni contro la povertà educativa; introdurre l’assegno universale per le famiglie con figli, la carta dei servizi per l’infanzia e nuovi strumenti di welfare a favore dell’occupazione femminile, per ridurre le diseguaglianze e sostenere il reddito dei ceti medi; introdurre il salario minimo legale, combattere il dumping salariale dei contratti pirata anche valorizzando il Patto per la fabbrica promosso dalle parti sociali. Tagliare ancora il carico fiscale sul costo del lavoro a tempo indeterminato per favorire assunzioni stabili con priorità a donne e giovani, norme per la parità di retribuzione dei generi». I cinquestelle, per bocca dei capigruppo Giulia Grillo e Toninelli, hanno pubblicamente apprezzato («un’iniziativa utile»). Renzi è stato zitto, non ha cioè bacchettato sulle mani il reggente. Salvini ha detto che il preincarico alla Casellati gli sta bene («può fare un buon lavoro») e che non ha obiezioni sulla figura terza: «Se ci fosse qualcuno in gamba che sottoscrive un programma che condivido, perché non accettarlo? Io a differenza di Di Maio non sono qua a dire o governo io o non si fa niente». Intanto, il solco tra Lega e Forza Italia si allarga: a Vicenza i leghisti hanno scaricato il candidato unitario di centro-destra, a Treviso Forza Italia ha annunciato che non appoggerà il candidato del Carroccio. Forse l’unico a cui non sta bene l’Indiscutibile è Salvini: lui punta a un governo cinquestelle-pd con la Lega saldamente all’opposizione, prossima a fare il pieno al prossimo giro elettorale.