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 2018  aprile 14 Sabato calendario

Chiudete Confindustria, ente inutile

Gruppo vacanze Confindustria, oltre i convegni niente più. Allora cosa la teniamo a fare? Forse soltanto a ricordarci che viviamo in un Paese ingessato. Di fronte ad una politica che invece di costruire demolisce, anche le associazioni di categoria hanno perso la loro ragion d’essere. Tanto più che al loro interno hanno organizzazioni barocche, complesse, fuori dal tempo e dal mondo. 
Confindustria conta circa tremila dipendenti. Come un ministero. Un apparato burocratico e poco attento agli interessi degli associati, dall’internazionalizzazione all’evoluzione tecnologica, tutti settori in cui le aziende chiedono supporto. 
Neanche una campagna, per esempio, per ridurre la bolletta energetica delle imprese, che costa ogni anno 30 milioni in più della Francia e diventa un intralcio rispetto alla concorrenza straniera. Nessuna azione per risolvere il problema dei costi delle inefficienze pubbliche che ricadono sulle società private, dei costi dei servizi bancari. Solo politica finalizzata agli interessi dei vertici, piuttosto che alla definizione di una strategia industriale. 
Il tutto a fronte di quote associative che per i più grandi arrivano fino a diverse centinaia di migliaia di euro all’anno, in alcuni casi anche qualche milione, risorse che gli imprenditori potrebbero piuttosto reinvestire in azienda, creando lavoro. E poi il conflitto di interessi. Non puoi avere nella stessa associazione chi rappresenta interessi contrapposti, solo per raccogliere più adesioni, quindi più contributi, ma con il risultato che per non infastidire nessuno non si fa nessuna battaglia. 
L’USCITA DI FCA 
E c’è chi, come Sergio Marchionne con la Fiat, da Confindustria è uscito nel 2011. Oggi il presidente Vincenzo Boccia lo corteggia spudoratamente perché vi rientri con Fca ma lui si è limitato solo a far siglare un accordo per condizioni commerciali speciali sull’acquisto di autoveicoli nuovi dei marchi del suo gruppo. 
La rottura si ebbe sull’articolo 8 della Legge 148 del 2011 (governo Berlusconi, ministro del Lavoro Maurizio Sacconi) relativo alla contrattazione di prossimità, pietra miliare delle nuove relazioni sindacali, che introduceva strumenti di flessibilità nel mercato del lavoro, ben graditi agli addetti ai lavori e a chi ha a cuore lo sviluppo dell’economia italiana. Ma Confindustria ne ridimensionò la portata, limitandone l’applicazione. Allora Presidente era Emma Marcegaglia. Per non parlare del giornale che fa capo all’associazione: Il Sole 24 Ore, più attento a far cadere governi (ricordiamo tutti il “Fate presto” a caratteri cubitali del 10 novembre 2011) che alla propria gestione interna, per cui la credibilità del management, soprattutto dopo i recenti scandali, è ai minimi storici. 
LA POLITICA 
I signori imprenditori passino meno tempo in Confindustria e più in azienda, diceva Silvio Berlusconi nel 2006 a Vicenza in un celebre scontro con Diego Della Valle. Quel giorno aveva la lombosciatalgia ma diede il meglio di sé in uno show pari solo a quello di giovedì scorso al Quirinale. 
Lo stesso Berlusconi che, a più di dieci anni di distanza, vuole recuperare il rapporto della politica, o quanto meno quello del suo partito, con le categorie produttive, gli imprenditori – definiti “eroi” perché a fare impresa in Italia ci vuole coraggio –, i professionisti, i commercianti, gli artigiani, gli agricoltori e i costruttori. Aveva promesso loro ampia rappresentanza in Parlamento salvo poi non candidarli alle ultime elezioni. 
Ma l’Italia ha avuto pure Matteo Renzi che, per certi versi addirittura più a destra del centrodestra, ha rotto con i sindacati, scardinando il sistema della cosiddetta “concertazione”. Così come voleva abolire le Camere di Commercio, finendo dunque per distruggere definitivamente i corpi intermedi. 
“Un club dove si chiacchiera”, così il Presidente americano Donald Trump ha definito l’Onu, buona solo a organizzare eventi costosissimi. Nel suo piccolo, Confindustria non è da meno, da Santa Margherita a Capri, l’unica cosa per cui si distingue sono le riunioni dei circa 150mila associati, per le quali sceglie sempre le città e gli hotel migliori.