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 2018  aprile 15 Domenica calendario

Caccia, sottomarini e bombardieri. 105 missili sparati da acque lontane

Un’operazione da manuale. Così perfetta e convenzionale da essere prevedibile. Sì, l’attacco notturno della Triplice alleanza contro la Siria è stato condotto usando schemi ripetuti da un quarto di secolo: lo stesso copione dell’esordio di Tempesta del Deserto e, più tardi, delle rappresaglie contro Al Qaeda.


Anche i bombardieri impiegati sono vecchie glorie dei cieli, come i B-1 americani, i Tornado britannici e i Mirage 2000 francesi: l’ultima generazione di aerei invisibili ai radar è rimasta negli hangar. Una scelta dettata dalla necessità di evitare incidenti con la Russia, con cui in qualche modo sono stati concordati tempi e modi dei raid.
Il primo colpo è stato probabilmente affidato a una coppia di grandi jet B-1 decollati dalla base qatarina di Al Udeid.
Prima di entrare nello spazio aereo siriano hanno sganciato 19 Jassm, i missili con cui l’Air Force ha sostituito i cruise che lasciano una traccia radar facile da seguire e quindi altrettanto facilmente possono essere abbattuti. Lo Jassm invece è stealth, con una testata che penetra i bunker e li devasta con 450 chili d’esplosivo.
Questa raffica di ordigni si è accanita contro il centro ricerche governative di Barzeh, nella sterminata periferia di Damasco.
Si tratta di un sito nella lista nera da più di un anno, perché nonostante le visite degli ispettori internazionali si ritiene che vi venissero distillate armi chimiche. Contemporaneamente, è cominciato il lancio dei tradizionali cruise. Mentre tutti si aspettavano l’offensiva dal Mediterraneo, in questo momento sguarnito di navi americane, il Pentagono ha fatto di necessità virtù. I due caccia Donald Cook e Winston Churchill sono rimasti inattivi davanti alle acque siriane, fronteggiando la flotta russa, mentre l’attacco è partito da altri mari, limitando così la possibilità di attriti con Mosca. Dalle acque dell’Arabia Saudita il sottomarino nucleare John Warner ha spedito sei cruise per completare la demolizione dei laboratori di Barzeh e il caccia Higgings altri 23 verso il secondo obiettivo: un «centro comando dei reparti chimici» siriani nei dintorni di Homs. Dal Mar Rosso il caccia Monterey e la fregata Laboon hanno lanciato 37 missili contro lo stesso bersaglio.
Anche i quattro Tornado britannici decollati dalla pista cipriota di Akrotiri hanno fatto fuoco da lunga distanza, con un grappolo di 8 Storm Shadow, la declinazione europea dei cruise prodotta e acquistata pure dall’Italia. Gli ordigni sono arrivati sulla base siriana di Shinshar assieme a dodici Scalp – praticamente identici agli Storm Shadow – : il contributo francese all’operazione, scagliato da una squadriglia di caccia Rafale e Mirage 2000 e da una fregata navale Fremm. Questi missili volando a mille chilometri orari sono piombati sul bersaglio in meno di venti minuti: hanno polverizzato i magazzini dove sarebbe stata nascosta la riserva di armi proibite siriane, in particolare le residue scorte di Sarin, il micidiale gas nervino che uccide paralizzando il sistema nervoso.
In tutto, Washington, Parigi e Londra hanno lanciato 105 missili. I tentativi di contrastarli da parte della vetusta contraerea siriana, che ha proclamato di averne intercettati 13, in realtà non hanno dato risultati. Sono stati sparati alcuni missili terra-aria – le scie luminose fotografate nei cieli di Damasco non sono dei cruise occidentali… – senza abbattere nulla. Questo anche grazie alla presenza discreta di velivoli da guerra elettronica americani capaci di “accecare i radar” di Damasco, che peraltro pare siano rimasti spenti. La situazione sarebbe stata diversa se fosse entrata in azione la cupola protettiva piazzata dai russi intorno al porto di Tartus, con batterie S-400 d’ultima generazione.
Ma tutta l’operazione è stata pianificata per azzerare il rischio di incidenti con il Cremlino e ridurre i danni alle persone.
Quello che il Pentagono ha chiamato «un messaggio forte» contro l’impiego delle armi chimiche è stato in realtà uno spot missilistico. In un Paese che da sette anni vive nella guerra totale, la distruzione inflitta dalla spedizione punitiva è assolutamente marginale e non preoccupa il regime. Assad è a un passo dalla vittoria finale. Ha appena conquistato i quartieri di Douma, una delle ultime roccaforti della resistenza, usando gas a base di clorina: una sostanza terribile, ma risalente al primo conflitto mondiale e che si può distillare con una spesa di poche centinaia di euro in un laboratorio primordiale. Mentre la bordata notturna di cruise hi-tech che doveva punirlo è costata oltre cento milioni di euro.