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 2018  aprile 14 Sabato calendario

Bankitalia avvisa, il Pil rallenta. La sfida dei dazi può farci male

Il Fattore-E, come economia, torna con forza a incalzare l’agenda del paese. La certificazione di una certa apprensione viene dalle pagine del “Bollettino” della Banca d’Italia che ieri ha segnalato un “rallentamento” del Pil nel primo trimestre dell’anno: si prevede che a maggio, quando ci saranno le stime gennaio-marzo la crescita si arresti ad uno striminzito 0,2 per cento, in calo rispetto allo 0,3 dell’ultima parte dello scorso anno. Decimali, ma che hanno già fatto rivedere le proiezioni sul 2018 ad alcuni attenti ed autorevoli centri studi: il Ref di Milano prevede per l’anno l’1,2 per cento e la Confcommercio, con l’orecchio a terra per ascoltare i passi dell’economia, è pure più pessimista. La morale è che sta andando peggio di quanto si aspettasse il governo Gentiloni-Padoan nei documenti ufficiali dell’autunno scorso che aveva scommesso su un 1,5 per cento tondo.

Di chi è la colpa? Soprattutto delle variabili “esogene”, come le chiamano gli economisti.
A partire dal commercio internazionale, evocato anche dal Capo dello Stato, tra le questioni che impongono al più presto la presenza di un nuovo governo. La guerra dei dazi, con il brusco confronto tra Trump e la Cina, rischia di incidere sul Pil globale e di gettare “ombre scure”, come le ha definite Christine Lagarde a pochi giorni dagli Spring Meetings dell’Fmi di Washington. L’Italia, almeno per ora, non è coinvolta direttamente: ma la sua ripresa fino ad oggi ha fatto leva soprattutto sull’export e una contrazione degli scambi globali potrebbe danneggiarla.
Va detto che la situazione non è nera, occupazione e erogazione del credito vanno bene. Ma è sicuro che serve una linea precisa di politica economica per affrontare il nuovo quadro internazionale che, a cominciare dal prossimo anno, potrebbe vedere anche un rialzo dei tassi, già avviato dalla Fed e inevitabile in prospettiva anche per la Bce. La questione ci riguarda: perché la spesa per interessi è una delle poste più importanti del nostro bilancio.
Fino ad oggi il termometro dello spread non ha segnalato anomalie, ma Bankitalia avverte che «il permanere di questa condizione favorevole presuppone la prosecuzione di un credibile aggiustamento dei conti pubblici e delle riforme».
E chi scava a fondo, come ha fatto la Fondazione Hume negli ultimi giorni, osserva che mentre con la Germania lo spread è stabile, con Portogallo e Spagna, paesi più simili a noi, il differenziale si sta allargando. Senza contare che a maggio, finita la tregua concessa da Bruxelles, la Commissione si pronuncerà sulla eventualità di una manovra-bis.