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 2018  aprile 15 Domenica calendario

Per i club di Serie A dall’anno prossimo obbligatorio avere conti in «pareggio»

Dalla prossima stagione per essere ammessi al campionato i club di Serie A dovranno raggiungere il pareggio di bilancio. L’obbligo è previsto dalla disciplina de Financial fair play “made in Italy”, entrata in vigore in via sperimentale e abbastanza in sordina da tre anni, e destinata ora anche alle altre serie.
Finora il set di norme contabili introdotto dalla Figc dopo il caso Parma e voluto con forza dal direttore generale Michele Uva (oggi vicepresidente Uefa), è stato applicato gradualmente per accompagnare le società in un percorso virtuoso, quindi in una sorta di moral suasion che imponeva di rispettare alcuni parametri di bilancio. In sostanza, si voleva abituare le proprietà, anche quelle che di solito non frequentano le competizioni europee, a creare delle aziende economicamente autosufficienti, in grado di far fronte agli impegni finanziari.
Dalla stagione che inizia il 1° luglio 2018, invece oltre ai parametri già adottati, si dovrà raggiungere l’equilibrio tra entrate e uscite anche se con alcune deroghe. E gli stessi principi dovranno essere applicati anche dalle società che militano in Serie B e Lega Pro.
In effetti, a partire dal 2016, le società del massimo campionato tricolore hanno dovuto dimostrare alla Covisoc di aver saldato gli stipendi e i contributi fino alla mensilità di maggio (inclusi i cosiddetti incentivi all’esodo), nonché i debiti da calciomercato verso le società estere (incluse le indennità di formazione).
Inoltre, hanno dovuto attenersi al cosiddetto “indicatore di liquidità”, vale a dire a un rapporto tra le attività correnti (i soldi depositati sui conti correnti) e le passività correnti (i debiti con scadenza entro i 12 mesi) pari inizialmente a 0,4 e da adesso in avanti a 0,6. In altri termini, dovevano presentare un livello di debiti esigibili a breve non superiori 1al 60% delle disponibilità liquide in portafoglio.
Il mancato rispetto di questa misura minima fino alla stagione 2016/17 comportava semplicemente il blocco del calciomercato con l’impossibilità di fare acquisti, a meno che la proprietà del club non ripianasse la carenza finanziaria. Dalla stagione in corso invece incide sull’ammissibilità al torneo.
La Figc per mitigare questo parametro ha inserito altri due indicatori correttivi. Nel caso in cui ci sia uno squilibrio dell’indicatore di liquidità, sè possibile valutare altri due parametri: il cosiddetto indicatore di indebitamento e il costo della rosa.
Se il club dimostra, conti alla mano, di rispettare un certo rapporto (pari oggi a 1,5) tra debiti totali e fatturato (la media triennale) allora può avere uno sconto di un terzo sull’importo da ripianare. Un ulteriore sconto di un terzo si può ottenere se si rispetta l’“indicatore del costo del lavoro allargato”, costituito dalla somma di ingaggi e ammortamenti. In particolare, il costo della rosa allargato non deve superare l’80% dei ricavi (sempre sulla media triennale, incluse le plusvalenze). In definitiva, un club che non sia in linea con l’indicatore di liquidità, per esempio per 30 milioni, deve ricapitalizzarsi per soli 10 milioni se è in linea con gli altri due.
I bilanci dei club sono stati valutati in base a questi criteri patrimoniali già all’inizio della stagione 2015/16 dalla Covisoc anche se non erano previste sanzioni e il risultato dell’esame non è stato ufficializzato. Ma il presidente della Figc Carlo Tavecchio ha raccontato più volte che le società virtuose si contavano sulle dita di una mano.
Per quanto riguarda invece i criteri economici e il pareggio di bilancio, a gennaio 2016, la Figc ha introdotto nuovi correttivi. La valutazione andrà fatta sulle tre annualità precedenti rispetto al campionato di Serie A al quale ci si vuole iscrivere, come in ambito Uefa. Ma a differenza del Fair play finanziario europeo che fa riferimento a una cifra assoluta di perdita ammissibile nel triennio (30 milioni), la Figc tollererà una “deviazione” pari al 25% rispetto alla media del fatturato dei tre esercizi. Qualora il deficit sia superiore a questa soglia, la differenza dovrà essere integralmente coperta dalla proprietà con apporti di capitale. Rispetto alla Uefa la Figc ha scelto di permettere infatti rifinanziamenti e immissioni di capitali per consentire alla proprietà di investire e facilitare l’attrazione nuovi investitori.
Nelle situazioni più gravi, quando il deficit complessivo eccederà il 50% della media del fatturato triennale, la Covisoc potrà disporre il divieto di tesseramento di nuovi calciatori per due sessioni a decorrere dalla stagione 2019/2020. Per agevolare i club si prevede infine una norma transitoria in base alla quale per ottenere la Licenza di Serie A 2018/2019, il periodo di rilevazione comprenderà gli esercizi chiusi nel 2017 e nel 2016 e nel caso in cui il bilancio 2016 presenti un deficit lo stesso peserà sul conteggio finale solo per il 50 per cento.
L’aver definito un criterio percentuale per valutare le perdite ammissibili rispetto al fatturato e non un valore assoluto con per la Uefa garantisce senza dubbio maggiore elasticità, ma alla lunga potrebbe favorire i club con un giro d’affari più elevato che possono “permettersi” perdite assoluti più consistenti degli altri. È anche vero tuttavia che i club più ricchi sono in genere tenuti a rispettare anche i parametri Uefa per poter partecipare alle Coppe e dunque questo vantaggio appare più sfumato.