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 2018  aprile 15 Domenica calendario

Da Mosca rappresaglia con le sanzioni

Da Mosca, la prima reazione ai raid in Siria è venuta dal ministero della Difesa: neanche uno, tra i missili lanciati, è entrato nel raggio d’azione dei sistemi di difesa antimissile russi, attorno alle basi di Tartus e di Hmeymim. Come dire che la Russia non avrebbe risposto militarmente. Ma risponderà. C’è un altro conto in sospeso, del resto: i russi sono al lavoro per preparare le ritorsioni contro il business americano.
Questa crisi infatti si intreccia a quella che per un momento è rimasta sullo sfondo: le restrizioni contro il business russo annunciate il 6 aprile dal Tesoro americano, per punire la comunità degli affari russa per le presunte interferenze nella campagna elettorale americana del 2016. Sanzioni durissime che attendevano risposta. Il Governo e il Parlamento russo avevano cominciato a studiarla, e ora faranno verosimilmente un conto unico.
Venerdì scorso la Duma – il Parlamento russo – aveva iniziato a discutere un progetto di legge che punta a limitare le esportazioni americane in Russia senza però danneggiare gli interessi russi, scegliendo i settori industriali in cui lo sforzo di sostituire prodotti locali al made in Usa può aiutare lo sviluppo delle imprese di casa.

Nel frattempo, prima ancora dei raid in Siria, Mosca avverte l’Europa: che posizione prenderà in questa nuova fase del confronto con Washington? «Si unirà a quest’assurdità oppure no? – si è chiesto il vicepremier russo Arkadij Dvorkovich -. E se lo farà, quali compagnie europee saranno nostri partner?». Intervenuto a un forum economico a Krasnojarsk, nel cuore della Siberia, Dvorkovich (che è anche co-presidente del Consiglio di cooperazione Italia-Russia) ha affermato che in questi ultimi anni l’Europa ha avuto solo da perdere, partecipando alla tornata di sanzioni americane legate alla crisi ucraina.
Naturalmente con Londra, che con Parigi ha partecipato ai raid americani, le relazioni bilaterali non potrebbero andare peggio, anche a causa del caso Skripal. Mentre il presidente francese Emmanuel Macron, che venerdì al telefono con Vladimir Putin ha ripetuto la necessità di non interrompere il dialogo, sarà impegnato ora in un difficile esercizio di equilibrismi. Il mese prossimo è atteso al Forum economico di San Pietroburgo come ospite d’onore, la visita era destinata a rilanciare l’agenda economica di un Paese tra i primi investitori in Russia. Il viaggio, ha detto proprio ieri il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, è confermato.

Oltre agli Stati Uniti, Mosca è pronta a includere nel raggio di azionedelle sanzioni anche «altri Paesi stranieri», a seconda della posizione che ciascuno assumerà. Per ora, il testo all’esame della Duma mette nel mirino una lunga lista di voci dell’import americano in Russia, dai medicinali ai superalcoolici.

Nel 2014, reagendo alle misure decise da americani ed europei per la crisi ucraina, Mosca decretò l’embargo di una serie di generi alimentari provenienti dai Paesi coinvolti nelle sanzioni. Ora la lista rischia di allungarsi. Dagli Stati Uniti la Russia ha importato nel 2017 merci per un valore di 12,7 miliardi di dollari: macchinari, aeroplani, prodotti farmaceutici e chimici, attrezzature mediche. A fronte di un export di 17 miliardi. Il nuovo bando potrebbe riguardare prodotti agricoli, software, medicinali, alcoolici, tabacco.

Inoltre – se il progetto di legge verrà fatto proprio dal Cremlino – la Russia potrebbe sospendere la collaborazione con gli Usa sul fronte dell’energia atomica, della costruzione di aerei e di motori per razzi, vietando alle compagnie americane di prendere parte a privatizzazioni. Nel mirino potrebbero finire anche i servizi: consulenze, auditing e studi legali.

Tra le possibili contromisure è stato citato anche il blocco delle forniture di titanio russo: la Russia è il primo produttore mondiale. Metterebbe in difficoltà compagnie americane come Boeing, ma andrebbe a colpire anche gli interessi russi. Il monopolio che lo produce, VSMPO-Avisma, ha avvertito che il bando sull’export di titanio negli Usa danneggerebbe seriamente la sua posizione nei mercati emergenti.