La Stampa, 14 aprile 2018
Il neo-premier slovacco Pellegrini rifiuta le quote obbligatorie: «No alla redistribuzione, ci opporremo alla riforma di Dublino»
Da tre settimane Peter Pellegrini guida il governo slovacco. Ha preso il posto di Robert Fico, dimessosi in seguito alle polemiche per l’omicidio del giornalista Jan Kuciak e della sua compagna. Bisnonno italiano, 42 anni, Pellegrini è reduce da una visita a Bruxelles, dove ha incontrato i vertici Ue, per assicurare che il quartetto dei Paesi Visegrad (Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia) «non vuole essere il piantagrane dell’Unione». Dal primo luglio Bratislava assumerà infatti la presidenza del V4, «un gruppo molto unito, a partire dalla questione immigrazione».
Continuate a rifiutare le quote obbligatorie di rifugiati?
«Certamente. Questo sistema non funziona, lo abbiamo visto tutti, e non funzionerà. Servono altre soluzioni, bisogna concentrarsi maggiormente sulla protezione delle frontiere esterne, sugli investimenti in Africa e sugli aiuti agli Stati più esposti. Dobbiamo dare più soldi all’Italia: servono somme ingenti, non noccioline. Abbiamo dato sei miliardi di euro alla Turchia, credo dovremmo trovare qualcosa di simile anche per l’Italia».
Tra le proposte di riforma di Dublino c’è anche quella che prevede la redistribuzione come «extrema ratio», solo in casi eccezionali: vi opporrete anche a questo?
«Certamente. E non saremo i soli».
La Commissione però spinge in questa direzione…
«La Commissione è la Commissione. E i primi ministri sono i primi ministri. L’esecutivo di Juncker fa il suo lavoro. Ma noi, come leader europei, siamo responsabili di ciò che accade nelle nostre aree. Ne discuteremo al summit del 17 maggio a Sofia e credo che la Commissione si stia rendendo conto che è impossibile andare avanti con questa proposta».
Con i veti, però, non si esce dall’impasse…
«Noi non diciamo soltanto i “No”. Siamo pronti a contribuire, ma attraverso altre forme di solidarietà. Aumentando i contributi finanziari e fornendo un supporto tecnico. Ma nei nostri Paesi è difficile parlare di quote obbligatorie».
A Bruxelles, Visegrad è il simbolo degli ostacoli all’integrazione: condivide?
«Assolutamente no. Non siamo dei piantagrane. Noi ci sentiamo parte integrante del progetto europeo, siamo nell’Eurozona. E poi il format Visegrad è un bene anche per l’Ue, perché portiamo una posizione unitaria al tavolo europeo. Questo rende più facile il dibattito tra i 28. Non cerchiamo l’isolamento».
Sono iniziate le discussioni sul prossimo bilancio Ue 2021-2027: c’è la proposta di condizionare i fondi europei alla solidarietà e al rispetto dello Stato di diritto. Come risponderete?
«Prima di tutto voglio assicurare che noi siamo pronti a ad aumentare il nostro contributo al bilancio post Brexit. Le condizionalità? È un tema molto sensibile e difficile da applicare. Ma se qualcuno volesse insistere, allora proporremo di fare lo stesso anche con i parametri di Maastricht. Ci sono Paesi che si riempiono la bocca parlando di solidarietà, ma non rispettano i vincoli economici».
Dopo l’omicidio di Kuciak si sono allungate ombre sulla Slovacchia, anche per il sospetto di legami tra la ‘ndrangheta e alcuni ambienti di governo.
Pellegrini tira un sospiro, si scola una bottiglietta di cola, smette di parlare in inglese e chiede l’intervento dell’interprete. «Innanzitutto – dice in slovacco – vorrei sottolineare che siamo molto dispiaciuti per quanto successo. È stato un chiaro attacco alla libertà di stampa e di espressione. Noi abbiamo messo in piedi un team senza precedenti per le indagini che sta lavorando senza alcuna interferenza politica. Rifiuto l’immagine di un Paese guidato dalla mafia. Siamo uno Stato democratico con tutti i contrappesi costituzionali».
L’Italia ha chiesto all’Antitrust Ue di verificare possibili aiuti di Stato illegittimi concessi dal vostro governo per attrarre Embraco, che ha abbandonato lo stabilimento nel Torinese.
«Di questo lascio parlare il mio vice, che è anche ministro delle Finanze ed è più diplomatico di me». Peter Kazimir, seduto al suo fianco, aggiunge: «Respingo assolutamente l’accusa, perché gli incentivi dati a Embraco sono in linea con la nostra legge nazionale. Che non è mai stata contestata dalla Commissione e quindi è pienamente in linea con la legislazione Ue. Se qualcuno volesse fare luce sulla vicenda, prego: non abbiamo nulla da nascondere».