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 2018  aprile 13 Venerdì calendario

E la gente ha gridato: «Armi chimiche»

BEIRUT Per due giorni e una notte lo studente di informatica è rimasto ammassato con i familiari nel seminterrato del loro condominio, mentre le forze filogovernative tempestavano di bombe la città controllata dai ribelli. Quando è scesa la notte, hanno sentito il ronzio degli elicotteri, seguito dai suoni sibilanti di oggetti che cadevano dal cielo. Ben presto, uno strano odore si è sparso giù per le scale. «La gente in strada ha cominciato a gridare: ‘Armi chimiche! Armi chimiche!’», dice via telefono dalla Siria lo studente, che si chiama Mohammed al Hanash e ha 25 anni. L’attacco nella città siriana di Douma, sabato, che secondo i testimoni e gli operatori sanitari è stato condotto con armi chimiche, ha avuto una risonanza ben oltre gli edifici distrutti della cittadina.
Anche se molti aspetti dell’attacco rimangono poco chiari, un’analisi da parte del New York Times di oltre 20 video delle conseguenze, un esame dei registri di volo compilati da giornalisti di base e interviste con una dozzina tra residenti, paramedici e soccorritori indicano che durante un’offensiva militare per spezzare la resistenza dei ribelli di Douma le forze filogovernative hanno sganciato cariche esplosive contenenti un qualche tipo di composto chimico, che ha provocato la morte per soffocamento di almeno 43 persone e ne ha lasciate molte altre con gravi difficoltà respiratorie. «Immaginate di trovarvi nel Giorno del Giudizio, con morti tutto intorno a voi», dice Hanash, lo studente. «Una scena che nessuno dovrebbe essere costretto a vedere: vecchi, donne e bambini che urlavano e soffrivano». Poche ore dopo, mentre i soccorritori allineavano i corpi in strada, i ribelli hanno accettato di ritirarsi dalla città.
Douma, a nordovest di Damasco, era l’ultima città in mano ai ribelli nella Ghouta Orientale.
Venerdì, dopo il fallimento delle trattative con i ribelli, il governo siriano ha cominciato una nuova offensiva contro la città, martellandola con l’artiglieria mentre caccia ed elicotteri la bombardavano dall’alto, dicono i residenti. La gente ha cercato riparo ai piani bassi dei loro edifici, o nei seminterrati. Per evitare di uscire, hanno cucinato e cotto il pane sottoterra, uscendo nei momenti di calma per prendere l’acqua, dice Mahmoud Bweidany, 19 anni, che ha passato gran parte degli ultimi due mesi in un seminterrato di due stanze con altre 10 persone. «Te ne stai lì seduto e pensi ai raid», dice. «Sono vicini o lontani? Questa era una bomba o un missile?». Dopo un raid, sabato pomeriggio, 15 persone hanno cominciato a tossire, secondo Mahmoud Adam della Difesa civile siriana, l’organizzazione composta da volontari noti come Caschi Bianchi. I testimoni dicono che odorava di cloro, un gas che è stato usato più volte come arma in questa guerra. Quella notte Hanash ha sentito gli elicotteri e il sibilo, secondo lui era causato da barili bomba riempiti con qualche agente chimico. «Dopo che i barili sono caduti giù, abbiamo cominciato a sentire un odore», dice. Lo descrive come «dolce». La gente nascosta in un seminterrato ha iniziato a urlare e i soccorritori poi hanno portato fuori sei persone svenute, dice. Un’altra bomba è atterrata sul piano superiore di un edificio danneggiato, senza esplodere, secondo un video girato da un attivista che l’ha trovata. Una terza bomba è stata trovata sul tetto di un condominio di quattro piani vicino al centro della città, secondo un video e un attivista che si è recato lì il giorno dopo. I soccorritori e l’attivista, che hanno chiesto di restare anonimi per timore di rappresaglie da parte del Governo, hanno trovato decine di uomini, donne e bambini stesi senza vita nel piano sottostante. In alcuni video pubblicati si social, sconvolgenti e molto espliciti, si vedono i morti che non hanno segni di traumi, ma alcuni hanno della schiuma bianca che esce dalla bocca e dalle narici. Certi sembrano avere le cornee bruciate. L’attivista dice che apparentemente, quando il gas era entrato nel seminterrato, alcune persone avevano cercato di salire le scale per respirare aria pulita, avvicinandosi senza saperlo alla fonte.

Traduzione di Fabio Galimberti