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 2018  aprile 12 Giovedì calendario

Incompiute d’Italia. I soldi ci sono i cantieri no

ROMA Non ci sono i soldi”, è stato per anni il mantra di sindaci e governatori di regioni alle prese con il degrado delle opere pubbliche in Italia. Ed è forse ancora questa la prima spiegazione istintiva che ci diamo quando assistiamo a lavori incompiuti da anni su strade e ferrovie, a cantieri bloccati per la messa in sicurezza di fiumi e torrenti. O quando rischiamo di cadere nelle innumerevoli buche romane. Bene, lo scenario che viene fuori dalla nuova campagna dell’Ance, l’associazione dei costruttori, contro i ritardi infrastrutturali nazionali, ci autorizza a scartare nella maggior parte dei casi il motivo finanziario. Il cittadino che si avventura a piedi o in moto per le strade di Roma forse non sa che circa un anno fa sono stati messi a gara dodici lotti per lavori di manutenzione ordinaria del manto stradale, per un valore di 78 milioni, ma che quella gara non si può fare perché non si trovano i commissari: nessuno risponde all’appello sapendo che con il nuovo codice appalti rischia sanzioni pesanti in caso di irregolarità. Chi in Calabria aspetta ancora che venga completata la statale Jonica, l’eterna incompiuta del Sud da 1,3 miliardi di euro, non sa probabilmente che negli ultimi dieci anni il progetto invece di andare avanti è tornato al Cipe (il Comitato interministeriale per la programmazione economica) ben cinque volte. E che si sono persi 1.115 giorni solo per la pubblicazione delle delibere. I figli di coloro che nel 1956 sperarono che si facesse in pochi anni la “strada dei due mari” che avrebbe dovuto congiungere Grosseto a Fano, ne sentono ancora parlare perché molti di quei progetti, irrealizzati, vanno rivisti, come prescrive ancora una volta il codice degli appalti. Ma l’apice delle assurdità si raggiunge con il raccordo autostradale tra la A4 e la Val Trompia. L’opera, appaltata più di dieci anni fa, è nuovamente bloccata a causa dei blocchi del passato. Non è uno scioglilingua: l’ente appaltante che è l’Anas, nonostante una sentenza del Tar che impone di aggiornare i prezzi all’impresa privata appaltatrice, si rifiuta di farlo perché attribuisce proprio a quella impresa la responsabilità di dieci anni di stop. Insomma, la stipula del contratto viene ritardata perché si sono fatti finora troppi ritardi. E gli automobilisti assistono al più anacronistico dei surplace.
Sul banco degli imputati c’è il nuovo codice degli appalti, che secondo l’Ance, invece di rendere più veloci è trasparenti le procedure di gara nei lavori pubblici, avrebbe introdotto nuovi pesanti obblighi e appesantito quelli esistenti. Tanto da bloccare o quasi i bandi di gara del 2016 e i cantieri dell’anno successivo. «Il 2017 – spiega Gabriele Buia, presidente Ance – è stato il decimo anno di crisi per le costruzioni, nonostante il cospicuo aumento di risorse messe a disposizione dagli ultimi due governi». Effettivamente, i soldi stanziati per le opere pubbliche sono cresciuti l’anno scorso del 23% (e del 72% nell’ultimo triennio), mentre la spesa reale è scesa del 3%.
Insomma, gli stanziamenti non si traducono in nuovi cantieri. E le opere restano ferme al palo. Ecco allora il senso della campagna che l’Ance sta realizzando con pagine di pubblicità sui giornali e soprattutto con il sito sbloccacantieri. it, dove confluiscono ogni giorno dalle dieci alle venti segnalazioni di ritardi.
Ma siamo sicuri che sia tutta colpa del codice degli appalti, con i suoi 220 articoli e 25 allegati, già in gran parte modificati e sottoposti a non poche deroghe? Certo, imporre che la gara sia la regola e la procedura negoziata l’eccezione, può sicuramente complicare le cose. E tuttavia c’è chi è convinto, come Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, che i problemi non stiano nelle nuove regole ma nella incapacità di applicarle. Il codice, ad esempio, rivoluziona le fasi della progettazione: prima bastava che l’amministrazione pubblica facesse un progetto di massima, spesso solo un titolo, poi ci pensava l’impresa appaltatrice e progettare ed eseguire i lavori.
Oggi, invece, è l’amministrazione pubblica a dover presentare progetti esecutivi dettagliati, e a dover giudicare un’offerta non più solo sulla base del prezzo più basso, ma anche di altri parametri. A questo scopo, il codice prevede che siano rivoluzionate le stazioni appaltanti, ridotte a poche grandi unità e soprattutto rese qualitativamente efficienti.
Ebbene, questa parte del codice (la più importante) non è stata attuata. E così ogni singolo Comune, anche il più piccolo, è lasciato da solo a combattere con progetti, delibere e contenziosi troppo complicati per le risorse umane e tecniche di cui dispone. Risultato: le opere si bloccano perché nessuno le sa progettare. «Spulciando tra le segnalazioni che ci arrivano ogni giorno anche da semplici cittadini – dicono all’Ance – abbiamo scoperto ad esempio che in Sicilia ci sono 28 opere di depurazione delle acque bloccate perché le amministrazioni comunali non sanno dove mettere le mani».
Ed è solo uno degli innumerevoli esempi di incapacità progettuale.