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 2018  aprile 10 Martedì calendario

Da noi l’analfabetismo è l’unica cosa che avanza

Sanno leggere e scrivere, nonché fare i calcoli, come qualsiasi bambino delle scuole elementari, ma hanno difficoltà a comprendere, ad interpretare nonché ad elaborare ciò che hanno letto o ascoltato degli “analfabeti funzionali”, in aumento nel nostro Paese, uomini e donne di ogni età del tutto impermeabili alle informazioni che ricevono, dato che non riescono ad utilizzarle nella loro vita quotidiana. Il maggiore rischio a cui sono esposti questi individui è l’emarginazione sociale, a cui condanna purtroppo la miseria culturale, perché non basta il possesso di conoscenze e capacità cognitive ma serve anche la dimestichezza nell’uso degli strumenti socio-culturali acquisiti anche nel periodo scolastico per una piena partecipazione alla vita civile ed economica. 
Nonostante abbia un tasso di alfabetizzazione vicino al 100%, l’Italia possiede la percentuale più alta in Europa di analfabeti funzionali, o “low skilled”, ossia persone con bassi livelli di competenze, che rappresentano un esercito di quasi 11 milioni di individui tra i 16 ed i 65 anni (27,9% della popolazione). 
L’IDENTIKIT 
Vive questa condizione quasi un italiano su tre. Se credete che questa categoria di asini sia costituita da persone anziane, che non lavorano, non leggono e vivono isolate, vi sbagliate di grosso. Gli ignoranti di tipo funzionale, più uomini (52,6%) che donne (47,4%), sono giovani tra i 25 ed i 34 anni (15%) e anche giovanissimi tra i 16 ed i 24 (9,6%) e si concentrano in particolare al Sud e al Nordovest. Il 31,8% di essi ha tra i 55 ed i 65 anni. Alcuni svolgono lavori soprattutto manuali e routinari, altri sono disoccupati (10%), altri ancora non sono neanche interessati alla ricerca di un impiego, perché trascorrono le loro giornate baloccandosi o in panciolle sul divano mantenuti da mamma e papà. 
Ma il dato forse più sconvolgente è che i low skilled sono diplomati (20,9%) e non di rado addirittura laureati (4,1%), come risulta dall’indagine internazionale sulle competenze degli adulti PIAAC (International Programme for Assessment od adult Competencies), promossa dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). 
Il nuovo analfabetismo è in espansione e non ne sono quindi immuni neanche i dottori, eppure tale fenomeno sembra non preoccuparci affatto. L’Italia, culla della civiltà, dell’arte, della letteratura e del diritto, è oggi al penultimo posto in Europa per livello di competenze, preceduta solo dalla Turchia, che si aggiudica il podio dell’imperizia. Non possiamo fare a meno di chiederci cosa stia accadendo ai nostri ragazzi, che si trasformano progressivamente in somari, al pari di Lucignolo e Pinocchio nel Paese dei Balocchi, pur essendo diplomati e persino laureati. 
Ad incidere negativamente sulle nostre abilità cognitive e verbali è senza dubbio l’utilizzo dei social network e delle chat, che porta alla diffusione di un linguaggio sempre più povero, fatto soprattutto di simboli, immagini, “emoticon”, rendendoci inetti nel momento in cui dobbiamo affrontare discorsi e ragionamenti più complessi rispetto a quelli che normalmente si sostengono sui social media. 
Inoltre, il predominio indiscusso dell’immagine esteriore ci conduce, da un lato, alla cura maniacale del corpo e, dall’altro, alla trascuratezza di altri aspetti fondamentali della persona, come mente e spirito, i quali, se non vengono coltivati, appassiscono e si spengono. 
Ecco perché non sorprende che in Italia, Paese in cui quasi 28 persone su 100 sono analfabeti funzionali, una famiglia su 10 non abbia neanche un libro in casa e che il numero di lettori continui a diminuire, passando dal 42% della popolazione nel 2015 al 40,5% del 2016 (dati Istat). 
LIBRERIE VUOTE 
Risulta inoltre che il 28,2% dei nuclei familiari detiene al massimo 25 volumi e che il 63,2% ha una libreria che conta non più di 100 titoli. Tuttavia, disporre di tomi nella propria abitazione non equivale all’averli sfogliati. Infatti, circa un individuo su cinque (21,4%) di quelli che godono di più di 400 testi ammette di non averne aperto mai neanche uno. Insomma, per molti italiani un libro altro non è che un suppellettile o un complemento d’arredo per abbellire e decorare l’appartamento. Di guarnire la testa, invece, non se ne parla proprio. Forse ci converrebbe mettere giù il cellulare ed afferrare qualcosa da leggere. Prima che sia troppo tardi.