la Repubblica, 11 aprile 2018
Il cacciatore di popoli fantasma. «Leggo il Dna e riscrivo la storia»
È un cacciatore di popoli fantasma il 44enne David Reich; le sue scorribande alla ricerca di uomini inghiottiti dalla Storia avvengono tutte in provetta, perché gli uomini e le donne senza tracce evidenti nelle pieghe del tempo, in realtà hanno lasciato le loro impronte nell’infinitamente piccolo, tra le pieghe del nostro genoma. Reich, che sull’argomento ha appena pubblicato Who we are and how we got here: ancient Dna and the new science of the human past (Pantheon) è il fondatore dell’Ancient Genetics Lab dell’Harvard Medical School, l’epicentro mondiale della rivoluzione del “Dna antico”. «È un salto tecnologico pari alla scoperta del microscopio», spiega Reich. «Perché, proprio come successe per il microscopio, ci apre gli occhi su un mondo che non sospettavamo».
Il nuovo approccio, ideato nel 2009 dal biologo svedese Svante Pääbo, grazie a Reich ha reso circa migliaia di volte più efficiente e veloce isolare, nelle ossa antiche, il Dna umano da quello – sovrabbondante – di microbi e batteri. Partendo dal poco Dna trovato sulle ossa, Reich crea minisequenze che riescono ad attrarre a sé come vere e proprie esche tutti gli altri frammenti di Dna umano nascosti nel reperto. «Così oggi da un campione possiamo ricavare una quantità di Dna 10.000 volte superiore rispetto al passato».
Chi erano i popoli fantasma, professor Reich?
«Antichissimi popoli che non hanno lasciato traccia nei nostri musei, ma nel genoma. Per scoprirli bisogna prima imbattersi in un mistero altrimenti insolubile. È successo così nel 2012, quando nel nostro laboratorio abbiamo confrontato le variazioni nel genoma di 50 popoli moderni con un test nuovo, detto “dei tre popoli”, che ci permette di capire quanto un popolo discenda da altri due analizzando le variazioni nel genoma. Se un popolo è un “ibrido”, avrà una quantità di variazioni nel genoma che è intermedia rispetto ai due popoli da cui deriva. Il risultato più stupefacente è venuto fuori con gli abitanti dell’attuale Europa centro-settentrionale».
Cosa ci dice il loro Dna?
«Che discendono da due popoli: il primo sono gli antichi agricoltori che si sono stabiliti in Europa dal vicino Oriente, e che hanno lasciato maggiore eredità genetica nella Sardegna di oggi. La sorpresa è il secondo popolo: i nativi americani. Curioso pensare che i francesi o i valdostani siano geneticamente più eredi dei sardi e dei nativi americani che di qualunque altro popolo esistente oggi».
Come si spiega questo strano legame con l’America?
«La nostra ipotesi è che una parte di popolo fantasma, che abbiamo chiamato gli “antichi Nord-Eurasiatici”, si mosse 15.000 anni fa a Est attraversando lo stretto di Bering e popolando il Nordamerica. L’altra metà di questo popolo scese, millenni dopo, nell’Europa centrale e si mescolò con gli agricoltori arrivati dall’Anatolia. La vicinanza genetica tra nordeuropei e nativi americani è proprio nella parte di genoma che entrambi hanno ereditato dagli antichi Nord-Eurasiatici. La conferma? Nel 2013 dal Dna di un ragazzo di 24mila anni fa trovato in Siberia vicino al lago Baikal, scienziati danesi hanno capito che era più geneticamente più vicino ai Nord Europei e ai nativi americani che ai siberiani di oggi. Era un fantasma che aveva preso corpo: uno degli Antichi Nord-Eurasiatici».
Un’altra cosa sorprendente è che Ötzi, l’uomo del Similaun, è geneticamente più vicino ai sardi attuali che ai bolzanini…
«Vale lo stesso anche per tutti gli europei del tempo di Ötzi: vennero rimpiazzati 4.000 anni fa da popoli delle steppe russe, eccetto che in “enclave” meno accessibili come la Sardegna. Questa migrazione dalle steppe che ha lasciato tracce così nette nel Dna europeo cambia anche ciò che si ipotizzava sull’origine delle lingue indoeuropee».
In che modo?
«Si pensava che fossero arrivate dall’Anatolia circa 8.500 anni fa, insieme ai primi agricoltori. La diffusione in Europa dell’agricoltura sembrava l’unico fenomeno abbastanza grande da poter portare con sé anche le lingue. Ma il Dna antico ci rivela oggi che l’Europa ha subito un rimescolamento più recente, 4.500 anni fa, con l’arrivo di pastori dall’Ucraina e dalle steppe russe. Questi popoli avevano antenati comuni con quelli dell’India e hanno portato con loro le lingue indo-europee».