la Repubblica, 11 aprile 2018
Ed Harris: «L’Uomo in nero? Non lo capisco tanto ma ho un buon cavallo e questo mi basta»
LOS ANGELES Come da copione, il bellissimo uomo in smoking bianco accoglie i visitatori accanto al treno del set di Westworld, la serie HBO arrivata alla seconda stagione. Un set interamente costruito in un vasto terreno a nord di Los Angeles, nascosto tra campi e colline, su cui è stata edificata la stazione ferroviaria, il villaggio messicano, il saloon e il sistema della mappa del mondo circolare di questa serie fantasy trasmessa in Italia su Sky Atlantic (la seconda stagione in contemporanea con gli Usa nella notte fra il 22 e il 23 aprile).
«Benvenuti a Sweetwater», si inchina la comparsa, offrendo un cappello bianco per il sole cocente. «È un treno vero, come l’Orient Express», dice fiera Lisa Joy, showrunner e co-creatrice della serie insieme al marito Jonathan Nolan. Un mondo del futuro in cui tutto è possibile, un parco dei divertimenti che riapre dopo gli sconvolgenti eventi del finale della prima stagione per nuovi misteri per gli androidi e per il sanguinario Uomo in nero interpretato da Ed Harris.
Sorriso sornione, camminata lenta, sguardo sempre sveglio.
«Non ho nemmeno idea di cosa si giri oggi», dice l’attore guardandosi intorno. «Non mi avvisano mai di niente. Mi presento quando me lo dicono e mi mettono in mano le pagine del copione che giriamo. Mi va bene così! Non mi ricordo nemmeno perché Lisa e Jonah mi avevano convinto a fare questa serie, evidentemente mi avevano detto cose che mi avevano intrigato».
Non aveva interesse per il suo personaggio?
«In parte scherzavo, la verità è che ho scoperto cose di lui man mano che giravamo. Per esempio a un certo punto mi hanno detto che mia moglie si era suicidata. In un altro momento che ero io il proprietario del parco, cosa che non sapevo.
Cose del genere, importanti direi.
Mi avevano detto che c’è qualcosa che deve cercare di scoprire.
E qualcosa della sua vita fuori dal parco. Basta».
Non la divertiva la storia?
«È divertente il fatto che non sia ambientata nel passato ma con la sensazione del vecchio west.
Ho un buon cavallo, che mi piace un sacco. Bei set, ogni tanto andiamo in Utah, che ha dei panorami meravigliosi. Me la godo».
Com’è girare qui?
«Il caldo è orribile... ho tre strati di abiti neri addosso, i guanti, sono coperto da capo a piedi, sudo un sacco e bevo acqua. Il problema più grande è questo cappello nero che ho sempre in testa, se me lo tolgo l’acqua che si è accumulata sotto la testa mi cola a scrosci sulla faccia».
La nuova stagione si annuncia ancora più sanguinosa.
«Così ho sentito, ma io non sono coinvolto nelle scene più sanguinarie. Nella prima stagione ammazzavo la gente a volte tanto per il gusto di farlo. In questa stagione il mio personaggio ha una missione, e se qualcuno cerca di ostacolarlo lui fa quello che deve fare. A qualunque costo».
Come vede oggi la sua vita e la sua carriera?
«Intanto mi faccia dire che io sono grato di essere vivo ogni mattina.
Sul serio. Sono contento quando sono qui e lavoro, ma quando non lavoro mi siedo e rifletto, guardo gli altri che lavorano. Voglio dire, è un fottuto lavoro! Vengo, lo faccio, mi piace farlo, sono contento per tutti che lo show abbia tanto successo, ma diciamocelo francamente, non è che stiamo curando il cancro!».
Come spiega tanto successo della serie?
«Penso sia dovuto in gran parte agli ottimi attori che hanno. Le trame sono intricate e complicate.
È come Il trono di spade, nel senso che non sai sempre quello che sta succedendo, ma non importa molto perché è girato bene. Magari non capisci il senso di tutto ma ti diverte e ti trascina dentro quel mondo».
Il suo personaggio è il cattivo di turno?
«No, non lo è. Ovviamente ha dei demoni dentro ma li vuole affrontare. È un filantropo, un uomo estremamente ricco, un uomo buono, o comunque riconosciuto come tale».
La nuova esperienza televisiva quindi le piace.
«Ci sono cose ottime in televisione, come quella serie dal libro di Margaret Atwood, The Handmaid’s Tale. Non posso lamentarmi perché posso fare tv senza lasciare il cinema. Ho lavorato con Darren (Aronofsky, ndr) in Mother. E ho fatto questo piccolo film,
Kodachrome, che mi è piaciuto molto. E ora voglio dirigere».
Le piacciono i western?
«Molto. Mi sono divertito a girare Appaloosa dieci anni fa, sono cresciuto guardando i western, mi piace andare in Montana, ho degli amici con un gigantesco ranch dove andiamo ogni estate a fare grandi cavalcate per settimane».