la Repubblica, 11 aprile 2018
Francesco e la battaglia al principe del male
Più che un mito, «un essere personale che ci tormenta», qualcuno da cui liberarsi «perché il suo potere non ci domini». Così, per Francesco, il diavolo, ricordato ampiamente nell’esortazione sulla santità Gaudete et exsultate appena pubblicata.
È una parte del magistero bergogliano poco percorsa, ma che ciclicamente ritorna, quella demonologica. Tutta incentrata sulla principale «battaglia spirituale» che l’uomo è chiamato ad affrontare. La liberazione, per Francesco, non è solo contro la mentalità mondana o le fragilità e inclinazioni personali, ma anche – forse soprattutto – «contro il diavolo, che è il principe del male» e non solo «una rappresentazione, un simbolo, una figura o un’idea».
Così Bergoglio ha imparato alla scuola di Ignazio di Loyola, che nei suoi esercizi spirituali ricorda che «il demonio si comporta come una donna, perché per natura è debole ma vuole sembrare forte». Così, come ha ricordato padre Antonio Spadaro, l’ex arcivescovo di Buenos Aires ha appreso dal suo maestro di vita spirituale, padre Miguel Ángel Fiorito, che in un «commentario» alle regole per il discernimento di Ignazio intitolato Discernimiento y lucha espiritual, aveva scritto che il maligno si combatte con lo stesso discernimento che significa «vedere nelle nostre tracce umane le tracce di Dio».
Bergoglio, ancora in Argentina, procedeva convinto che il maligno fosse persona con cui lottare. Citava lo scrittore francese Léon Bloy che diceva: «Chi non prega il Signore, prega il diavolo». E mandava le persone che riteneva essere possedute dal suo esorcista “di fiducia”, padre Carlos Alberto Mancuso. Anche il futuro Papa, come prima di lui Wilhelm Bossuet, l’arcivescovo Fénelon, Oumançoff Raïssa e Jacques Maritain, si abbeverava alle pagine del grande mistico francese Jean-Joseph Surin, coinvolto in fenomeni di possessione ripercorsi poi da Michel De Certeau nel suo La possessione di Loudun ripubblicato in Italia da Clueb.
Della «lotta anti-idolatrica» proposta da Francesco, come l’ha definita sull’Osservatore Romano Enzo Bianchi, si sono esercitati diversi esperti. Su Vita e Pensiero è stato padre Raniero Cantalamessa a dire che se «è terminata la caccia alle streghe», i comportamenti «che fanno pensare a una presenza del demonio sembrano in realtà moltiplicarsi». Così anche Diego Manetti che ha scritto Il diavolo c’è (San Paolo), David Murgia col suo Vade Retro (Mondadori) e Marcello Lanza che ha dato alle stampe Lucifero ha paura del Natale (Edizioni Messaggero Padova).