la Repubblica, 11 aprile 2018
Dagli aghi alle protesi, la torta degli acquisti in ospedale
Dall’ago alla valvola cardiaca, dalla protesi per il ginocchio in titanio al pannolone. I dispositivi medici sono un’infinità, cioè ogni cosa che viene acquistata per l’assistenza sanitaria ai pazienti esclusi i farmaci e le grandi attrezzature diagnostiche. L’anno scorso gli ospedali ne hanno utilizzati qualcosa come 122mila tipi diversi, sulla bellezza di 880mila presenti sul mercato. Il giro d’affari totale è di 5,8 miliardi l’anno e i prezzi dei singoli prodotti possono variare da qualche centesimo a migliaia di euro, così come i produttori possono essere multinazionali o piccole aziende familiari.
Si tratta di una categoria particolarmente complessa da maneggiare per il sistema sanitario e intorno alla quale possono esserci episodi di irregolarità e corruzione. Sono così tanti, ad esempio, che capita spesso che venga dichiarata l’esclusività del singolo prodotto. Il fatto che non ci sia concorrenza rende impossibile fare le gare, circostanza che può aprire la porta a condotte illecite. Se poi i bandi ci sono, dovrebbero essere fatti da stazioni appaltanti regionali centralizzate che acquistano i dispositivi in modo trasparente ma capita ancora troppo spesso che si decida nelle singole Asl o proprio all’interno dei reparti, come racconta la storia di Milano.
Uno dei grandi problemi legati ai dispositivi sta nel fatto che non esiste un’autorità regolatoria che ne determina l’ingresso sul mercato in base all’efficacia e poi stabilisce un prezzo, come avviene per i farmaci. Per questi strumenti, talvolta costosissimi e che hanno un impatto primario sulla salute dei pazienti, è richiesta una semplice dichiarazione del fabbricante perché scatti la messa in vendita. E nelle gare, quando ci sono, generalmente non si controlla il beneficio clinico portato da quello che si va a comprare.