la Repubblica, 11 aprile 2018
Da Cambridge Analytica alla app di Salvini, tutti i guai nel nostro Paese
L’inchiesta dell’Authority Antitrust è soltanto una delle tre in corso in questo momento in Italia su Facebook e le società terze accusate di aver utilizzato dati sensibili per fini elettorali. C’è il caso di Cambridge Analytica che, certamente ha profilato gli utenti italiani ma non è ancora chiaro se abbia venduto quei dati o no a qualche partito. E c’è anche il caso, più piccolo, della App elettorale della Lega, Vinci-Salvini, che ha raccolto «decine di migliaia» di adesioni sui social network e potrebbe aver utilizzato i dati di migliaia di ignari utenti elettori.
Con ordine. Il Garante della Privacy, Antonello Soro, si è mosso da tempo sul tema Facebook- Cambridge Analytica. Ieri ha incontrato a Bruxelles gli altri garanti europei: nessuna comunicazione ufficiale ma, come nel caso dell’Antitrust, l’idea è elaborare una linea comune che potrebbe portare al massimo della sanzione prevista dal nuovo regolamento europeo sulla privacy: il 4 per cento del fatturato globale della società. Il dubbio è che Facebook abbia usato illecitamente i dati degli iscritti ma anche scaricato illegalmente le rubriche telefoniche degli utenti attraverso l’app di WhatsApp. Ma il problema, ha sottolineato ancora ieri Soro con i suoi colleghi, non riguarda evidentemente soltanto Facebook ma tutte le società specializzate in marketing politico con cui la società di Zuckerberg aveva stretto accordi.
Come Cambridge Analytica, certo. Ma in Italia l’Authority sta indagando anche sul Vinci-Salvini della Lega, dopo l’inchiesta di Repubblica che ne ha svelato le opacità. Durante la campagna elettorale è stato lanciato dalla Lega un concorso a premi destinato ai fan del partito. Ciascun utente per iscriversi doveva registrare attraverso il proprio profilo Facebook. Doveva poi lasciare i propri dati anagrafici, compreso il numero di telefono e utilizzare la propria applicazione ad accedere ai propri dati Facebook: amici, interessi, eccetera. È quella che i tecnici chiamano “Look Like“, un sistema utilizzato abitualmente per motivi commerciali. Ma che un partito può utilizzare per organizzare una propaganda mirata, profilando e raggiungendo ignari utenti.
È il centro della contestazione fatta dall’Antitrust a Facebook. E non è un caso che l’Authority non escluda affatto di allargare l’inchiesta ad altri soggetti privati, soprattutto dopo aver ricevuto le risposte del social network alle contestazioni inviate.
Accanto ai due organismi amministrativi, si è mossa poi la procura di Roma: il fascicolo aperto a oggi è senza ipotesi di reato. C’è una delega in bianco nelle mani della Polizia Postale, convinta che gli utenti italiani coinvolti siano molti più dei 23mila denunciati da Facebook. Difficile contestare un reato, ma per capirci di più sarà necessario attendere la lista, chiesta, degli utenti italiani profilati a Cambridge Analytica per vedere che tipo di dati sono stati presi e come sono stati utilizzati.