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 2018  aprile 10 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - MALASANITA’ A MILANOCORRIERE.ITConsulenze, quote societarie, partecipazione a convegno, assunzioni di parenti e anche un cestino di prodotti enogastronomici a Natale pagati da un imprenditore del settore medicale hanno portato all’arresto per corruzione di due primari e del direttore sanitario dell’ospedale Gaetano Pini-Cto e di altri due primari dell’ospedale Galeazzi di Milano oltre che dello stesso imprenditore nell’ennesimo filone giudiziario che scuote la sanità lombarda

APPUNTI PER GAZZETTA - MALASANITA’ A MILANO

CORRIERE.IT
Consulenze, quote societarie, partecipazione a convegno, assunzioni di parenti e anche un cestino di prodotti enogastronomici a Natale pagati da un imprenditore del settore medicale hanno portato all’arresto per corruzione di due primari e del direttore sanitario dell’ospedale Gaetano Pini-Cto e di altri due primari dell’ospedale Galeazzi di Milano oltre che dello stesso imprenditore nell’ennesimo filone giudiziario che scuote la sanità lombarda. Tommaso Brenicci, 53 anni, amministratore di cinque società che commerciano prodotti medicali e ortopedici, l’unico a finire in carcere, secondo le indagini della Guardia di Finanza di Milano, coordinate dai pm Letizia Mannella ed Eugenio Fusco, avrebbe corrotto gli altri cinque indagati (tutti messi ai domiciliari dal gip Teresa De Pascale) per garantire alle sue aziende le forniture al Pini e al Galeazzi, due tra i più rinomati ospedali ortopedici italiani.

L’inchiesta nasce dal quella che portò all’arresto del primario del Cto Norberto Confalonieri, poi rinviato a giudizio per corruzione con l’accusa di aver preso tangenti per usare le protesi d’anca e di ginocchio di due altre aziende. Secondo gli investigatori, le società che fanno capo a Brenicci avrebbero incassato circa tre milioni e mezzo di euro tra il 2012 e il 2017 grazie alle corruzioni, versando periodicamente soldi al primario di ortopedia del Pini Giorgio Maria Calori, 61 anni, al quale sarebbero andati oltre 200 mila euro come contratti di consulenza più 128 mila sterline per transazione tra società in Gran Bretagna.

L’altro primario del Pini Carmine Cucciniello, 61 anni, avrebbe ricevuto 100 mila euro per contratti di consulenza e diritti sull’impiego di protesi e altri 65 mila come retribuzione del figlio assunto da una delle società dell’imprenditore. Consulenze, partecipazioni societarie ed altri benefit sarebbero stati ottenuti da Carlo Romanò e Lorenzo Drago, entrambi primari del Galeazzi, il primo responsabile del laboratorio analisi, il secondo del centro di chirurgia ricostruttiva.

Paola Navone, 59 anni, direttore sanitario del Pini avrebbe partecipato a due convegni (uno costato 5.000 euro a Parigi), l’altro in Alto Adige (non si sa il valore) più un cesto di prodotti enogastronomici da mille euro a Natale 2016 sempre per favorire le aziende di Brenicci.



REPUBBLICA.IT
Nuova inchiesta sulle tangenti nella sanità lombarda. Questa volta sono finiti ai domiciliari per corruzione quattro primari (due dell’ospedale Galeazzi e due del Pini), il direttore sanitario del Pini e un imprenditore. E’ indagato anche l’ex sottosegretario alla Regione Lombardia durante la giunta Maroni, il magistrato in pensione Gustavo Cioppa, che al Pirellone esercitava un ruolo di garante alla legalità. Per lui (che è stato anche procuratore della Repubblica di Pavia), i procuratori aggiunti Maria Letizia Mannella ed Eugenio Fusco e il nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza ipotizzano le accuse di abuso d’ufficio e favoreggiamento.

L’unico a finire in cella è l’imprenditore che è titolare di una ditta specializzata nel settore delle apparecchiature sanitarie, i medici, invece, sono agli arresti domiciliari, mentre il magistrato è indagato. L’inchiesta nasce dall’indagine che lo scorso anno ha portato in carcere il primario del Pini, Norberto Confalonieri, recentemente rinviato a giudizio.

Quando il chirurgo Calori "inventò un’infezione per operare un paziente"

Gli arrestati. Tra gli arrestati c’è anche Paola Navone, direttore sanitario dell’Istituto ortopedico Gaetano Pini-Cto, fiore all’occhiello della sanità milanese. Sempre al Pini è finito Giorgio Maria Calori, primario di ortopedia, unità chirurgia ricostruttiva - revisione protesica e Carmine Cucciniello, direttore del dipartimento di ortopedia. Gli arrestati del Galeazzi, invece, sono Lorenzo Drago, direttore laboratorio analisi e Carlo Luca Romanò, responsabile del centro di chirurgia ricostruttiva. In merito all’inchiesta, l’ospedale Galeazzi dichiara "la propria estraneità alla vicenda ed esprime piena fiducia nella magistratura". L’imprenditore, infine, è Tommaso Brenicci, presidente della Eon medica srl di Monza che si occupa di apparecchiature elettromedicali.

Il meccanismo corruttivo. Secondo la ricostruzione degli investigatori, l’imprenditore e i due primari del Galeazzi erano insieme soci di una società che aveva il brevetto di una sorta di medical detector, un macchinario per l’individuazione delle infezioni ossee. I due dirigenti medici lo hanno introdotto al Galeazzi. E successivamente, tramite il primario di Ortopedia del Pini, Giorgio Maria Calori, che era socio di Brennici in altre società, anche di diritto estero, è stato introdotto anche al Pini. I medici si prodigavano anche in studi scientifici e pubblicazioni in cui si esaltavano le qualità del macchinario. Un conflitto di interessi che ha portato oggi agli arresti.

"Al Pini non ci sono gare, se sei amico...". "Il Pini è l’ospedale più facile del mondo! (...) perché non ci sono gare, se sei amico di un chirurgo usi i prodotti che vuole, cioè è tutto libero, tutto libero!": secondo l’ordinanza d’arresto, si esprimeva così l’imprenditore Brenicci al telefono senza sapere di essere intercettato parlando della "scarsa trasparenza e legalità nelle pubbliche forniture dell’Istituto Ortopedico Cto-Pini" di Milano.

Il medico e la borsa per la moglie: "La Vuitton ce la regalano". "La Vuitton non ti piace? (...) Stefi è possibile che me lo regalino (...) e allora c.... non mi rompere i co.....!". Così il chirurgo Calori si rivolgeva alla moglie che lo rimproverava per una borsa di lusso che le aveva regalato "evidenziando la necessità di essere parchi e limitare le proprie spese voluttuarie". Emerge dall’ordinanza d’arresto e da un’intercettazione nella quale il medico faceva, però, capire alla consorte "come si trattasse di un regalo ricevuto" da lui da altre persone.

Il cesto di Natale da mille euro e gli altri favori. La promessa di uno stage per la figlia in una delle società dell’imprenditore Brenicci, un cesto di Natale da 1000 euro e il pagamento spese per un congresso a Parigi e uno in Alto Adige. Sono le ’utilità’, come scrive il gip nell’ordinanza, percepite da Paola Navone, direttore sanitario del Cto-Pini per introdurre all’Istituto ortopedico il dispositivo per la diagnosi di infezioni articolari commercializzato dallo stesso imprenditore.

Navone e il piano anticorruzione in tv. Il direttore sanitario del Pini era tra i firmatari del ’Piano triennale per la prevenzione della corruzione e dell’illegalità 2016-2018’. Il 27 marzo, dopo il rinvio a giudizio di Confalonieri, la dirigente interveniva alla trasmissione televisiva ’Porta a Porta’ e assicurava: "Il Piano anticorruzione verrà attuato al Pini al più presto". "Abbiamo fornito alle autorità che ce l’hanno chiesta - aveva aggiunto l’ex responsabile del Noc (Nucleo operativo di controllo della Asl di Milano) - la lista di tutte le attività sugli impianti protesici, che fanno parte di un flusso di dati che è controllato".

L’ex magistrato e il progetto Domino. Infine, scrive il gip De Pascale, per aumentare il bacino di utenza dei pazienti e potenziare l’uso del dispositivo al Cto-Pini, Navone e Calori si sarebbero rivolti all’ex magistrato Cioppa affinché intercedesse presso l’assessore al Welfare Giulio Gallera e il direttore generale del settore per ottenere dal Pirellone l’approvazione del ’Progetto Domino’ che nel marzo 2017 accreditava il reparto diretto dallo stesso Calori come punto di riferimento regionale per il trattamento delle infezioni articolari. Per questo Calori avrebbe ricevuto, dall’imprenditore, oltre a una borsa di Vuitton per la figlia, il pagamento delle spese sostenute per partecipare a convegni, per una intervista televisiva in Rai, un contratto di consulenza come ’opinion leader’ per una società tedesca e anche 30mila euro, come prestito infruttifero, per sostenere parte delle spese per aver acceso un mutuo per un importo di 1 milione e 350 mila euro.

IL CASO CONFALONIERI
Quanto più la sua fama aumentava, tanto più il professor Norberto Confalonieri incassava operando non nell’ospedale pubblico di cui è dipendente, ma nelle cliniche private dove i pazienti erano costretti ad andare per saltare le liste d’attesa «strumentalmente» allungate nel primo. A finanziare la pubblicità erano le due aziende che producono le costose protesi d’anca e di ginocchio che, anche quando non ce n’era bisogno o addirittura erano dannose, avrebbe impiantato su centinaia di malati che arrivavano al rinomato Centro traumatologico ortopedico. È la tangente più corposa di una corruzione che ha pesato sulle casse dell’erario per centinaia di migliaia di euro, secondo l’inchiesta che ha portato all’arresto del primario di ortopedia e traumatologia. Considerato un luminare della chirurgia ortopedica computerizzata, curiosamente presidente della sezione lombarda dell’Associazione medici accusati ingiustamente di malpractice, Confalonieri, 66 anni, è stato ospite assiduo in tv per le tecniche «mini invasive» dei suoi 500 interventi l’anno. Che sia un «interventista» ne sono certi i pm Letizia Mannella ed Eugenio Fusco che hanno chiesto e ottenuto dal gip Teresa De Pascale il suo arresto per corruzione, turbativa d’asta e lesioni volontarie in una vicenda che ricorda quella della «clinica degli orrori» Santa Rita di Milano.

Il sistema

Il sistema Confalonieri amava usare le protesi di due multinazionali che sponsorizzavano Caos, l’associazione di chirurgia ortopedica computer e robot di cui è un esponente di spicco. Delle 458 (valore 1,1 milioni di euro) impiantate dalla sua équipe tra il 2012 e il 2015, 241 (510mila euro) erano della Johnson & Johnson e 122 (393mila euro) della B.Braun. Quando la prima fu esclusa per i prodotti troppo cari, anche grazie all’intervento di Luigi Ortaglio, il responsabile economato dell’Asl Nord Milano sospeso dal gip per un anno, Confalonieri sarebbe riuscito a mandare avanti la fornitura dichiarando che erano indispensabili. In cambio avrebbe ricevuto dalla Johnson & Johnson (indagata per responsabilità delle imprese, due manager interdetti dall’attività) 16mila euro per sé e 2.660 per il figlio, l’uso gratuito di un software (24 mila euro l’anno) per le operazioni e la sponsorizzazione di un servizio tv che lo vedeva protagonista. B.Braun (indagata, due manager interdetti), scrive il Nucleo di Polizia tributaria della Gdf di Milano, gli avrebbe invece dato 9mila euro, la sponsorizzazione per 15 mila di un corso da lui organizzato, viaggi a Roma e a Barcellona per convegni.

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I litigi con altri medici

Confalonieri «ha spudoratamente privilegiato gli affari delle società» e leso «in maniera spregiudicata l’interesse alla salute dei pazienti», scrive il gip De Pascale. Avrebbe anche fatto in modo che non si accorciassero le lunghe liste d’attesta nell’ospedale pubblico in modo da dirottare i pazienti in quelle cliniche private che tra 2012 e 2016 gli hanno versato 302mila euro. Alcuni medici del Centro traumatologico, che dal 2016 è inserito nell’Azienda socio-sanitaria Pini-Cto, hanno detto di aver litigato con Confalonieri perché impiantava troppe protesi. Uno racconta che fu operata una disabile ad alto rischio-vita: «Dopo aver discusso con lo staff si è deciso un intervento di minore impatto visti i solleciti di Confalonieri e della madre della paziente», che morì per insufficienza respiratoria dopo l’operazione. Una volta lasciò il femore rotto a una 70enne su cui aveva sperimentato tecniche da applicare su un’altra paziente: «L’ho rotto, è andato... per allenarmi su quella che dovevo fare privatamente». Non fece meglio neanche con lei («ho spaccato il femore anche qua... è un periodo di m...») e per rimediare evitando che la donna andasse a Torino, dove «se va in mano a un altro collega sono finito», decise di rioperarla al Cto a carico del servizio sanitario.