La Gazzetta dello Sport, 10 aprile 2018
Fabio Capello dice addio alla panchina: «Basta allenare, lavorerò in tv»
L’ha detto quasi per caso, così come per caso era cominciata la sua carriera di allenatore, prima nel 1987 per sostituire Nils Liedholm nelle ultime gare di campionato e poi quando, nel 1991, Silvio Berlusconi pensò a lui per sostituire Arrigo Sacchi. A Radio anch’io sport, trasmissione Rai, Fabio Capello ha buttato con apparente noncuranza la frase dell’addio: «L’esperienza in Cina con lo Jiangsu è stata la mia ultima fatica in panchina. Ho smesso». Raggiunto al telefono, nella casa di Lugano, Capello conferma: «Tutto vero. Basta. Ho fatto quello che volevo, sono felice della mia carriera e ora continuerò a divertirmi come commentatore in televisione e viaggiando tra Lugano, Italia, Spagna e Londra».
IL SUO CALCIO L’ha buttata per caso, ma in Spagna, dove vinse due titoli in due epoche diverse con il Real Madrid e in Inghilterra, dove guidò la nazionale dal 2007 al 2012, tv e siti hanno subito rilanciato la notizia. Capello è uno dei migliori allenatori espressi dal nostro calcio negli ultimi 50 anni. Ha lavorato in Italia, Spagna, Inghilterra, Russia e Cina. Ha vinto 5 scudetti, due volte la Liga, una Champions, una Supercoppa europea e 4 Supercoppe italiane. Non ha mai preteso di essere un profeta e non ha mai cercato di essere il capostipite di una nuova scuola. Ha proposto il calcio più congeniale alla sua cultura e alla sua esperienza, maturata sotto l’insegnamento di personaggi come Helenio Herrera, Rocco e Trapattoni.
UN PRECURSORE Un vincente, sicuramente. Ma anche, a modo suo, un precursore. È stato uno dei primi ex giocatori a reinventarsi commentatore tv, nella Telemontecarlo dei primi anni Ottanta. Ed è stato anche un manager al quale Berlusconi affidò, dal 1987 al 1991, la Polisportiva Mediolanum. Un uomo di sport a tutto tondo, che respirò aria di calcio quando era bambino grazie al padre, il maestro elementare Guerrino, allenatore dei ragazzi di Pieris. Cresciuto in una terra di frontiera, quando tra il Friuli e la Jugoslavia l’aria era pesante, Capello ha cominciato a girare il mondo quando, sedicenne, lasciò casa per cercare fortuna nelle giovanili della Spal, dividendo a Ferrara la stanza della pensione con Reja. Ebbe un momento di sconforto: fu papà Guerrino ad intuire il disagio del giovane Fabio e a rincuorarlo. Da allora, viaggi, curiosità, studio, voglia di sperimentarsi e di crescere, anche sul piano culturale, sono stati il filo conduttore della sua parabola umana.
MAESTRI E TALENTI Le coordinate del suo calcio sono state equilibrio, cura dei dettagli, rispetto dell’avversario. I maestri sono stati Helenio Herrera, Nereo Rocco e Gibì Fabbri. Ha dato il meglio di sé nel Milan, dove conquistò quattro titoli tra il 1992 e il 1996, con il fiore all’occhiello della Champions nel 1994, ma anche riportare il titolo a Roma nel 2001, dopo 18 anni di attesa, non è stata impresa da poco. I campionati vinti con la Juventus furono cancellati dalle sentenze di Calciopoli. Il trionfo nel 2007 nella Liga, dopo una stagione incredibile, è stata l’ultima impresa. Con le nazionali è stato meno fortunato. Nel mondiale sudafricano del 2010, l’Inghilterra si fermò agli ottavi, scossa dal gol fantasma di Lampard annullato contro la Germania. Con la Russia, riportata in una fase finale della Coppa del Mondo dopo 12 anni, pagò la crisi profonda di un calcio che non si è mai ripreso dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. La Cina è stata l’ultima tappa, in un contesto dove, oltre alle questioni del gruppo Suning, è stato tutto problematico: dalla lingua alle differenze culturali.
LA PARTITA PERFETTA Come raccontò nell’intervista per i suoi 70 anni, «al Milan sono stato benissimo, la gioia per lo scudetto di Roma è stata particolare e vincere il titolo nel 2007 a Madrid è stato speciale». Il 4-0 al Barcellona, nella finale Champions del 1994, è stata, «la gara perfetta». La sconfitta più sanguinosa fu un’altra finale Champions, quella persa nel 1992 con il Marsiglia. Il miglior talento allenato è stato Van Basten, poi campioni in ordine sparso come Ibrahimovic, Totti, Maldini, Raul. Cassano, per sua ammissione, il genio inespresso.
E ORA La vita continua, anche dopo 55 anni spesi nel calcio. Capello si godrà le mostre, i musei, il sole della Spagna, la pioggia di Londra e l’aria fresca di Lugano. Al suo fianco, sempre e comunque, la moglie Laura. «È stata la mia fortuna. Mi ha aiutato a migliorare la cultura. Insieme abbiamo girato il mondo». Il vero fuoriclasse della sua vita.