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 2018  aprile 10 Martedì calendario

Telecom, Elliott vicino al 14%. E’ guerra legale con Vivendi

Milano Il mercato spiana la strada al ribaltone di Elliott contro i francesi di Vivendi al timone di Telecom. Nel giorno in cui molti nodi vanno al pettine, il fondo attivista Usa incassa il placet di Iss e Frontis, gli altri due consulenti di chi investe, sulla strategia di far votare, all’assemblea Telecom del 24 aprile, la revoca di sei consiglieri di matrice francese e metterne sei della lista Elliott, formalmente indipendenti.
«Vivendi sembra essere ormai più una zavorra che un asset per Tim – ha scritto Iss -. La sua influenza non ha portato stabilità nella gestione aziendale e nel business». L’azienda, secondo i più ascoltati consulenti al voto in Europa, «ha cambiato tre ad in due anni, incontrando varie difficoltà con i regolatori». Inoltre, «il sempre presente conflitto d’interessi, e l’avere una media company come azionista di controllo, ha ristretto la rosa delle alternative strategiche: tutti fattori che ci portano a supportare le candidature di Elliott».
Per mostrare a tutti che fa sul serio, Elliott ha arrotondato la quota dal 5,75% al 9%, e prenotato opzioni per salire al 13,7%. E in serata ha incassato la “desistenza” del Comitato dei gestori, che rappresenta in Italia i fondi del mercato e forse per la prima volta ha deciso di non presentare la lista di minoranza per il rinnovo del cda. «Il Comitato ha valutato all’unanimità di non depositare una lista di candidati per l’elezione del cda di Telecom Italia nell’assemblea del 4 maggio», riporta una nota, scarna come la mezz’ora di riunione dei gestori. L’assenza di motivazioni attesta, non fosse ancora chiaro, quanto sofferta sia stata la scelta. Dietro le quinte si racconta che alla fine ha prevalso la linea di «fare l’interesse dei sottoscrittori», con una mossa tattica che leva di torno una terza lista che, nel testa a testa di maggio tra i 10 nomi di Vivendi (al 24%) e quelli di Elliott, avrebbe disperso i voti del mercato ( oltre la metà) e favorito lo status quo. «Con due sole liste invece la gara è chiusa, possono andare tutti a bersi un tè caldo», gongola uno dei consulenti di Elliott.
Il fondo Usa, ha scritto in una sua presentazione al mercato, non vuole controllare il cda, «ma liberarlo da Vivendi» e in tale ottica esamina gli effetti del conflitto di interessi con i francesi: «Un euro pagato da Tim a Havas- vi si legge a Bolloré costa 4 centesimi e ne rende 21». Così il polo dei media del finanziere bretone avrà sempre interesse a fare affari con le controllate: e qui risiede il conflitto del capo degli acquisti di Telecom Michel Sibony, che ricopre simili ruoli in Vivendi e nel gruppo Bolloré. Per questo ieri il cda di Telecom, pur con 8 membri su 15 dimissionari, ha preso il sentiero della guerra legale e deciso di fare ricorso contro la decisione del collegio sindacale, di integrare con le richieste di Elliott di revoca e nomina di sei membri l’odg dell’assemblea del 24 aprile sui conti 2017. I 10 consiglieri di Vivendi – compreso l’ad Amos Genish e il vice presidente Franco Bernabè supportati da diversi pareri legali, si sono dissociati dall’operato dei sindaci; mentre i cinque nomi in quota fondi li hanno sostenuti.
Ora potrebbe essere un giudice a stabilire se far tenere l’assemblea del 24, dove la conta dei voti appare sbilanciata. Con il nulla osta del Comitato gestori e le rasoiate di chi orienta i voti dei fondi – domenica c’è stato il parere di Glass Lewis – il placet delle istituzioni e di Cassa depositi (che entro il 13 depositerà una quota azionaria quasi al 5%), a cui si sarebbe aggiunto il fondo Blackrock ( 5,6%), Vivendi e le sue pratiche possono finire in un angolo. Perché se passasse la linea di Elliott il 24 sulla revoca e nomina di sei consiglieri, l’assise di maggio potrebbe rivelarsi pleonastica: o confermare il ribaltone.