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 2018  aprile 07 Sabato calendario

Ponti, strade, alberghi e stadi. Le 750 incompiute del Belpaese

La sottigliezza sta nella declinazione: incompiuto, maschile singolare. Perché questa parola si coniuga con la parola stile. Stile architettonico. Il più significativo del dopoguerra, secondo il collettivo di artisti che sta per produrre il catalogo completo dei ponti, viadotti, strade, alberghi, stadi – iniziati e mai completati – che dalle Alpi alle Piramidi costellano il nostro Belpaese. Tutte opere pubbliche. Almeno 750 in Italia, 350 dei quali in Sicilia, la regione da cui è partito il censimento. Ecomostri, obbrobri, monumenti allo spreco, nella percezione comune, «luoghi da ripensare, da reinventare con il coinvolgimento delle comunità locali, luoghi che hanno rimodellato e trasformato il paesaggio urbano», per dirla con Andrea Masu, uno dei cinque componenti del collettivo Alterazioni Video, che sta portando avanti il progetto con Fosbury Architecture. Gli altri si chiamano Paololuca Barbieri Marchi, Alberto Caffarelli, Giacomo Porfiri, Matteo Erenbourg, base a Milano, New York e Berlino, esposizioni alle più importanti Biennali e musei europei.
La scintilla durante un viaggio nel 2008 a Giarre, in Sicilia, la capitale europea delle incompiute, dal teatro a un improbabile campo da polo, un primato che tre anni fa è valso alla cittadina a trenta chilometri da Catania l’inserimento nella classifica delle top destination turistiche di UsaToday. “Andateci per vedere l’assurdo”. Da lì un lungo percorso di ricerca teorica e sul campo che ha battuto sul tempo il “Simoi” (Sistema integrato di monitoraggio delle opere incompiute) attivato cinque anni fa dal ministero delle Infrastrutture, e che ha portato alla redazione del manifesto dell’Incompiuto siciliano, “il paradigma interpretativo dell’architettura pubblica in Italia dal dopoguerra a oggi”, recita il primo comma. Incompiuto siciliano come barocco veneziano, uno stile nato in un contesto (politico, economico, amministrativo) che ha contaminato il Paese mantenendo una sua precisa riconoscibilità. Un lavoro che adesso sfocia in un volume edito da Humboldt Books e realizzato grazie al crowfunding (“Obiettivo ventimila euro, ne abbiamo raccolti ventisettemila, una grandissima risposta”, dice Masu) che contiene una selezione di 180 fotografie e interventi tra gli altri dello storico dell’arte Salvatore Settis, dell’antropologo Marc Augé, del critico Robert Storr, dell’inventore di Striscia la notizia Antonio Ricci, con il suo Gabibbo persecutore seriale di sprechi e inefficienze. Ma in programma c’è anche una serie di eventi a Palermo, quest’anno sede della Biennale di arte contemporanea Manifesta: il 15 e il 16 giugno una mostra al centro internazionale di fotografia di Letizia Battaglia ai Cantieri culturali della Zisa, dove saranno esposte le immagini realizzate nella campagna che in questi giorni è alle ultime battute, alcune installazioni, i tour sulle incompiute, dal giro delle dighe nella Sicilia orientale ai palasport intorno all’Etna. Una provocazione? “Niente affatto – spiega il collettivo – la demolizione o il completamento delle opere sono spesso soluzioni antieconomiche o irrealizzabili. Si possono attivare processi di riuso, come è già successo al palasport di Comiso, in provincia di Ragusa, che è diventata un’arena estiva, o come il viadotto a Napoli dove la gente va a fare sport tutte le mattine. Sono luoghi che raccontano l’Italia.